Vittorio Cottafavi

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Vittorio Cottafavi

Vittorio Cottafavi (Modena, 30 gennaio 1914Anzio, 14 dicembre 1998) è stato un regista e sceneggiatore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio di Agnese Savio, possidente piemontese, e di Francesco, ufficiale del Regio Esercito, discendeva da una ricca e potente famiglia reggiana: il nonno paterno, da cui prese il nome, fu più volte deputato e sottosegretario e infine nominato senatore da Vittorio Emanuele III nel 1924, poco prima di morire. Dalla natìa Correggio i Cottafavi erano arrivati a Modena nel 1911: nella locale “Scuola Militare” (oggi Accademia) prestava servizio il capitano Francesco, ma quando lui andò al fronte il piccolo Vittorio e la madre si trasferirono a Torino, per trascorrere il periodo della Grande Guerra presso i Savio.

Nel 1921 la famiglia si stabilì quindi a Roma, dove il futuro regista avrebbe vissuto per il resto della vita, mantenendo tuttavia fino all'ultimo un forte legame con la città d'origine dei propri antenati: a Correggio, infatti, aveva ereditato delle proprietà e periodicamente vi soggiornava; negli anni sessanta e settanta fu collaboratore o oggetto di iniziative culturali della biblioteca comunale, alla quale donò vario materiale che – con quello poi conferito dal figlio Francesco alla morte del regista – è andato a costituire il ricco e prezioso "Centro di documentazione Vittorio Cottafavi" (migliaia di “pezzi” fra scritti autografi, articoli, recensioni, libri, suoi film e lavori televisivi – in pellicola, VHS o DVD – locandine originali e fotografie).

Nella capitale, dopo il liceo il giovane Cottafavi frequentò per un periodo la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Roma, seguendo tuttavia anche i corsi di filosofia e letteratura; in seguito ad alcune esperienze in campo cinematografico, nel 1935 si iscrisse infine al neonato Centro sperimentale di cinematografia dove, nel 1938, prese il diploma in regia. Nel 1936 fu assistente volontario di Jean Epstein per Cuor di vagabondo e iniziò il suo intenso tirocinio di assistente alla regia con Mario Bonnard in Jeanne Doré (1938), con Camillo Mastrocinque in Inventiamo l'amore (1938), con Goffredo Alessandrini in Abuna Messias (1939) e Nozze di sangue (1941), con Carlo Campogalliani ne Il cavaliere di Kruja (1940), con Gianni Franciolini in Giorni felici (1943), con Aldo Vergano in Quelli della montagna (1943), con Vittorio De Sica ne I bambini ci guardano (1943).

Carriera di regista[modifica | modifica wikitesto]

Vittorio Cottafavi al MICS nel 1996

Il suo esordio come regista avvenne nel 1943 con il film I nostri sogni, tratto dalla commedia omonima di Ugo Betti. Accolto favorevolmente da critica e pubblico, il film apparve subito opera di un serio professionista grazie all'ottima composizione dell'inquadratura e alla scioltezza della narrazione.

Nel dopoguerra Cottafavi faticò a inserirsi nel movimento neorealista. Collaborò con Vittorio De Sica per La porta del cielo (1945) e con Vergano per Il sole sorge ancora (1946). Solo nel 1949 riuscì a realizzare La fiamma che non si spegne, un film su Salvo D'Acquisto, con intenti celebrativi nei confronti dell'Arma dei Carabinieri; il film fu accolto con ostilità dalla critica che intravide segnali di simpatia verso il fascismo[1].

Nel dopoguerra diresse alcuni film di successo e sul finire degli anni cinquanta approdò al genere storico-mitologico, noto anche come film peplum all'italiana, con titoli quali Messalina Venere imperatrice (1960) e La vendetta di Ercole (1960).

Dopo l'insuccesso de I cento cavalieri (1964), il regista abbandonò definitivamente il cinema per occuparsi di spettacoli televisivi e teatrali. Protagonista insieme ad Anton Giulio Majano, Mario Landi, Sandro Bolchi e Daniele D'Anza della stagione degli sceneggiati televisivi Rai, iniziò a dirigere questo genere di prosa nel 1958, con Umiliati e offesi, proseguendo per oltre 15 anni nella regia di romanzi a puntate per la Rai. Considerato uno dei maestri della regia televisiva, nella sua carriera diresse i più prestigiosi attori del teatro italiano, da Enrico Maria Salerno a Sarah Ferrati, da Arnoldo Foà a Giancarlo Sbragia.

Nel 1966 realizzò per la televisione l'operetta musicale La Fantarca, da un soggetto di Giuseppe Berto. Nel 1970 diresse lo sceneggiato in sei puntate I racconti di padre Brown, tratto dall'opera omonima di Gilbert Keith Chesterton, che ebbe una media di 18 milioni di spettatori a puntata.[2]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Regista[modifica | modifica wikitesto]

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Televisione[modifica | modifica wikitesto]

Sceneggiatore[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Stefano Francia Di Celle, Enciclopedia del Cinema, 2003
  2. ^ Enciclopedia Garzanti della televisione, a cura di A. Grasso, 2002
  3. ^ La Stampa, 10 marzo 1959, pag. 4

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gianni Rondolino, Vittorio Cottafavi. Cinema e televisione Cappelli editore, 1980
  • Aldo Grasso, Storia della televisione italiana, Milano, Garzanti, 1992, ISBN 88-11-73819-9, pp. 200–201
  • Adriano Aprà, Giulio Bursi, Simone Starace, Ai poeti non si spara. Vittorio Cottafavi tra cinema e televisione, Bologna, Cineteca di Bologna, 2010, ISBN 88-95862-01-5
  • Stefano Francia Di Celle, «Cottafavi, Vittorio». In: Enciclopedia del cinema, Vol. II (Ci-Gh), Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2003
  • Il Radiocorriere, annate e fascicoli vari
  • I registi, dizionario Bolaffi del cinema italiano

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