Walter Belardi

Walter Belardi

Walter Belardi (Roma, 22 marzo 1923Roma, 31 ottobre 2008) è stato un glottologo e linguista italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Allievo di Antonino Pagliaro, dopo essersi laureato in glottologia nel 1946 all'università di Roma "La Sapienza" con una tesi sulla morfologia indoeuropea, collaborò all'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani. Nel 1950 conseguì la libera docenza all'Orientale di Napoli. L'anno successivo divenne professore incaricato nello stesso ateneo, dove rimase fino al 1963, prima come straordinario (dal 1956) e poi come ordinario (dal 1959). Nel 1959 fondò la sezione linguistica di AION (Annali dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli).

A Napoli Belardi insegnò anche armeno dal 1961 al 1965, però nel frattempo (1964) si era trasferito a Roma come professore ordinario di Glottologia. Alla Sapienza assolse anche l'incarico di filologia germanica prima (dal 1965 al 1968) e di fonetica sperimentale, nonché (dal 1969) di Storia comparata delle lingue classiche. Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei dal 1988, fu insignito nel 1992 del Premio Feltrinelli per i suoi meriti nello studio della linguistica.[1] La vastità dei suoi interessi spaziava dalla semitistica alla germanistica alla romanistica, nonché allo studio dell'ittito e dell'armeno. Particolare interesse indirizzò verso gli studi iranici. Produsse significativi contributi anche sulla teoria del linguaggio, fu tra i primi in Italia a occuparsi approfonditamente di scienza fonetica e fonologica. Notevoli anche i suoi studi di etimologia e di sociolinguistica storica ladina.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Premi Feltrinelli 1950-2011, su lincei.it. URL consultato il 17 novembre 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Marco Mancini, lemma: «Belardi, Walter», in Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, Roma, Treccani, 1991, appendice V (1979-1992), vol. I (A-D), pp. 324–325.
  • Maurice Leroy, Profilo storico della linguistica moderna, appendice di Tullio De Mauro, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 168.

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