Yukio Mishima

Yukio Mishima nel 1963

Yukio Mishima (三島 由紀夫?, Mishima Yukio), pseudonimo di Kimitake Hiraoka (平岡 公威?, Hiraoka Kimitake; Tokyo, 14 gennaio 1925Tokyo, 25 novembre 1970), è stato uno scrittore, drammaturgo, saggista e poeta giapponese.

Considerato come uno degli autori giapponesi più importanti del ventesimo secolo, ebbe notorietà anche come attore, regista cinematografico e artista marziale.

Le sue posizioni politiche lo resero una figura controversa in Giappone, dove continua ad esserlo ancora al giorno d'oggi. Convinto patriota, fu il fondatore della Tatenokai, una milizia civile con il dichiarato scopo di restaurare la dignità dell'Impero giapponese.

Mishima è entrato nell'immaginario collettivo anche per la tragica conclusione della sua vita: il 25 novembre 1970, insieme a quattro membri della sua milizia, fece irruzione in una base militare di Tokyo, prese in ostaggio il comandante della base, e dal balcone del suo ufficio tenne un discorso alle truppe accorse, incitandole all'insurrezione contro la costituzione post-bellica. Dopo aver concluso il suo discorso si suicidò commettendo seppuku, il suicidio rituale dei samurai.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Mishima da bambino

Yukio Mishima, al secolo Kimitake Hiraoka, nasce a Tōkyō il 14 gennaio 1925 nella casa dei nonni paterni, Jotarō Hiraoka (1873-1930) e sua moglie Natsuko (1867-1948). Insieme ai nonni coabitavano i genitori di Kimitake, Azusa (1897-1969) e Shizue (1899-1961). La nonna, reduce da un matrimonio infelice, decide di assumersi tutta la responsabilità della sua educazione, riversando un affetto ossessivo sul piccolo Kimitake: usurpando il ruolo della madre poco più di un mese dopo la nascita, ella diventerà una figura importantissima nello sviluppo del carattere del giovane Mishima, non soltanto per quanto riguarda gli aspetti psicologici ma anche perché lo avvicinerà alla letteratura classica e alle forme del teatro e Kabuki.[1]

La nonna tiene il bambino rinchiuso nella propria camera a fianco del futon e alla madre era permesso visitarlo solo ogni quattro ore e per un brevissimo tempo, necessario per l'allattamento. Non gli viene mai permesso di uscire da casa. Il bambino sfuggirà all'influenza della nonna, ormai sempre più debole, nel 1934, quando la madre con un sotterfugio riuscì a sottrarglielo. Queste ed altre esperienze dell'infanzia e dell'adolescenza sono riportate nel romanzo Confessioni di una maschera del 1949, autoanalisi approfondita della sua vita fino a quel momento, in cui già si trovano tematiche e argomenti che saranno presenti in tutta la produzione dell'autore.[2]

Mishima da giovane e sua sorella

Dal 1931 aveva intrapreso gli studi al Gakushūin, la scuola dei Pari, sotto la spinta della nonna. Gli alunni di questa scuola non facevano necessariamente parte dell'aristocrazia, anche se chi non lo era veniva considerato un "outsider". Con un tipo di educazione spartana, gli studenti erano incoraggiati a diventare soldati più che poeti, ma Mishima prende parte alle attività del club letterario e alcune sue poesie vengono pubblicate sulla rivista della scuola.[2]

Comincia a scrivere il suo primo lavoro in prosa di una certa importanza, Hanazakari no Mori (La foresta in fiore): completato nel 1941, è fortemente influenzato dalla scuola romantica giapponese (Nihon romanha). Lo stile classicheggiante farà sì che venga notato dal professore di lettere del Gakushūin, Shimizu Fumio, membro della scuola romantica. Sarà lui a far pubblicare il racconto sulla rivista Bungei Bunka, e proprio in quest'occasione viene scelto lo pseudonimo "Mishima Yukio". Nel 1944, Hanazakari no Mori verrà pubblicato in forma di libro insieme ad altri racconti: il suo successo farà conoscere per la prima volta il nome dello scrittore al pubblico.[2]

Finita la scuola, sotto pressione del padre si iscrive all'università per studiare giurisprudenza. Non solo conseguirà la laurea, ma vincerà un concorso per un ambitissimo posto di funzionario statale al Ministero delle Finanze. Nel periodo del lavoro al Ministero, vive una sorta di "doppia vita": funzionario statale fino alla sera e scrittore di notte, dormendo non più di tre o quattro ore. La situazione diventa presto insostenibile: scivola per la stanchezza sui binari della stazione di Shibuya e, d'accordo con il padre, presenta le dimissioni dal Ministero per dedicarsi esclusivamente alla scrittura.[2]

Nel 1946 fa visita con due suoi racconti allo scrittore futuro premio Nobel Yasunari Kawabata. Fra i due nascerà un rapporto soprattutto di grande stima e rispetto reciproco prima che di maestro-discepolo.[2]

Mishima con il politico e scrittore Shintaro Ishihara

Nel 1948 si unisce alla rivista letteraria Kindai Bungaku, legata ad ambienti di sinistra. Mishima nei suoi romanzi cercò generalmente di evitare qualsiasi riferimento alla politica che non fosse strettamente descrittivo (si vedano ad esempio Dopo il banchetto e Cavalli in fuga), ma è comunque difficile immaginarlo integrato nell'ambiente intellettuale di sinistra, visto il suo ideale di patriottismo indiscriminato e trascendente l'ambizione personale; Mishima probabilmente entrò a far parte del gruppo per ottenere più contatti col mondo intellettuale dell'epoca.[2]

È però nel giugno del 1949, con la pubblicazione di Kamen no Kokuhaku (Confessioni di una maschera), un romanzo semi-autobiografico in cui l'autore racconta l'evoluzione della propria omosessualità, che ottiene il riconoscimento della critica e un buon successo di vendite. Tra il 1950 e il 1951 pubblica tre importanti romanzi: Sete d'amore, L'età verde (entrambi del 1950) e Colori proibiti (1951). Invece di continuare con la forma-confessione che lo aveva portato al successo, in Sete d'amore torna alla narrazione in terza persona.[2]

Nel 1951 visita gli Stati Uniti, il Brasile e l'Europa come corrispondente dell'Asahi Shinbun. Saranno soprattutto la Grecia e l'estetica classica a impressionarlo: l'ispirazione troverà forma in Shiosai (La voce delle onde; 1954). Il viaggio in Grecia e un nuovo culto del corpo segnano l'inizio di una nuova vita per Mishima: dal 1955 inizia a dedicarsi al culturismo, seguito dalla pratica delle arti marziali, precisamente del kendō.[2]

Mishima si sposa il 30 maggio 1958 con Yoko Sugiyama (1929-1995), più che altro per compiacere la famiglia; la coppia avrà due figli, Noriko (1959) e Ichiro (1962).[2]

Mishima nel 1948

Nonostante sia nota la sua frequentazione dei locali per omosessuali giapponesi, e nonostante gli elementi autobiografici contenuti in Confessioni di una maschera, il suo orientamento sessuale per alcuni studiosi resta controverso. Dopo la morte la vedova ha tentato di smorzare il dibattito su questo aspetto della vita del marito.[3] Varie persone sostennero di avere avuto relazioni di tipo omosessuale con Mishima; tra queste lo scrittore Jiro Fukushima il quale, in un suo libro, riportò stralci abbastanza espliciti della corrispondenza che tenne con il famoso romanziere. Dopo tale pubblicazione i figli di Mishima perseguirono con successo Fukushima per violazione della privacy.[4]

In questo periodo conosce e diventa amico del fotografo Eikoh Hosoe, di cui sarà il modello delle sue foto per il volume Bara-kei, 1961–1962. All'estero il titolo sarà Killed by Roses o Ordeal by Roses.

Ormai diventato personaggio pubblico, appare come protagonista nella pellicola tratta da Yūkoku (Patriottismo, 1966), racconto di un giovane ufficiale che decide di morire tramite seppuku insieme alla moglie, film da lui scritto, diretto e interpretato; le sue foto come culturista e kendōka vengono pubblicate sui giornali popolari, così come le notizie dei periodi di addestramento insieme al Jieitai (Forza di Autodifesa Giapponese) e alla fondazione della Tate no Kai (Società degli scudi), il suo "esercito privato".[2]

La tetralogia Hōjō no Umi (Il mare della fertilità) comincia ad apparire dal 1965. L'ultimo volume viene pubblicato nel 1970.

Il suicidio rituale[modifica | modifica wikitesto]

Mishima arringa i membri del Tate no Kai e i militari, prima di suicidarsi tramite seppuku (25 novembre 1970)

«Una vita a cui basti trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e spezzata, forse non è altro che un fragile vetro.»

Da sempre ossessionato dall'idea della morte, sia a livello personale sia artistico, decide di unire questo disagio esistenziale al suo ideale politico di patriottismo tradizionalista.

Il 25 novembre del 1970, a 45 anni, insieme ai quattro più fidati membri del Tate no Kai, occupa l'ufficio del generale Mashita dell'esercito di autodifesa. Dal balcone dell'ufficio, di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria, oltre che a giornali e televisioni, tenne il suo ultimo discorso: l'esaltazione dello spirito del Giappone, identificato con l'Imperatore, e la condanna della costituzione del 1947 e del trattato di San Francisco, che hanno subordinato, secondo Mishima, alla democrazia e all'occidentalizzazione il sentimento nazionale giapponese:

«Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto! È bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l'esistenza di un valore superiore all'attaccamento alla vita. Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! È il Giappone! È il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni che amiamo.»

Al termine del discorso, entrato nell'ufficio, e dopo aver inneggiato all'Imperatore, si toglie la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai, trafiggendosi il ventre e facendosi poi decapitare dal suo più fidato amico e discepolo, Masakatsu Morita (1946-1970), che sbaglia per tre volte il colpo di grazia previsto dal rito tradizionale. Lo scrittore viene quindi finito da un altro commilitone paramilitare, Hiroyasu Koga (1931-1994) poi anche Morita si uccide.[6][7][8]

Tomba di Mishima

I tre sopravvissuti si consegnarono alla giustizia e vennero condannati a quattro anni di prigione per l'occupazione del ministero, ma furono liberati per buona condotta dopo pochi mesi.[9]

Giudizio storico[modifica | modifica wikitesto]

Personaggio difficile e complesso, spesso in Europa considerato vicino al Fascismo[10], secondo vari critici interpretava invece una personale visione del nazionalismo nipponico in chiave nostalgica[11], un conservatore decadente come lo definì Alberto Moravia[12], che lo aveva incontrato nella sua casa in stile occidentale liberty in un sobborgo di Tokyo. Egli si autodefiniva apolitico e antipolitico.[13] Tra i suoi ideali più forti vanno annoverati il patriottismo, che ispirò anche numerosi personaggi delle sue opere, e il culto per l'Imperatore, visto non come personaggio reale, storico o figura autoritaria ma come ideale astratto e/o semidivino, incarnazione dell'essenza del Giappone tradizionale. Mishima fu anche anticomunista e antiamericanista.[14]

Con la sua tragica morte avvenuta in diretta televisiva nel 1970 all'età di quarantacinque anni (data studiata e ponderata accuratamente), con il suicidio rituale (seppuku) durante l'occupazione simbolica del ministero della difesa, suggellò la conclusione insieme della sua vita e della sua vicenda letteraria:[14] poco prima del suo suicidio aveva infatti consegnato all'editore l'ultima parte della tetralogia Il mare della fertilità (completata comunque circa tre mesi prima della consegna, ma sulla quale appare, nell'ultima pagina, la data simbolica "25/11/1970", come a volere lasciare il suo ultimo testamento)[14]. La sua uscita di scena era stata organizzata con lucidità e freddezza: uscendo dal suo studio per andare incontro all'epilogo della propria vita lasciò un biglietto in cui era scritto «La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre». Va ricordato che la morte ha sempre ossessionato Mishima durante tutta la sua vita, un'ossessione che si riflette chiaramente nelle sue opere.[10][15]

Mishima fu anche fondatore di una organizzazione paramilitare, di cui lui era capo e finanziatore, chiamata Tate no kai ("Associazione degli scudi"), che rifiutava in maniera netta ciò che lui definiva una sottomissione del Giappone, ossia il trattato di San Francisco del 1951, col quale il suo paese aveva rinunciato per sempre a possedere un esercito, che non fosse di autodifesa e di misura ridotta, affidando la propria difesa agli Stati Uniti.[16] Egli insistette spesso sulla funzione non reale ma simbolica del suo esercito, composto solo da 100 giovani selezionati dallo scrittore stesso, inteso come esercito di salvaguardia dello spirito tradizionale giapponese e difensore dell'Imperatore.[17]

Ricezione critica[modifica | modifica wikitesto]

Mishima è famoso in occidente sia per il suo seppuku sia per le sue opere, che fanno di lui, comunque, l'autore giapponese più tradotto nel mondo.[14] Altri hanno paragonato Mishima a Gabriele D'Annunzio[16], mentre rimane comunque una figura scomoda sia per il mondo intellettuale dei conservatori sia presso i progressisti: nel primo caso, a causa della sua bisessualità[18] e della sua astratta apoliticità[14]; nel secondo caso, per il suo nazionalismo[14]. Il critico letterario Fausto Gianfranceschi individuò alcune corrispondenze tra il gesto estremo di Mishima e quello del monaco Mizoguchi, protagonista de Il Padiglione d'oro. Per Gianfranceschi, il romanzo è sinonimo dell'atto finale dello scrittore: «è impossibile sopportare la realtà quando un'idea violenta (di bellezza o di grandezza) invade l'uomo, provocando una lancinante lacerazione. Nel libro la soluzione è letteraria, ma l'autore l'ha personalmente realizzata rovesciando le parti: ha distrutto se stesso per dare più forza alla sua idea di grandezza».[19]

È stato avvicinato ad altri scrittori e artisti della "mistica omosessuale", personaggi fuori dagli schemi, spesso nostalgici di un passato idealizzato, come Federico García Lorca, Jean Genet, Rainer Werner Fassbinder e Pier Paolo Pasolini.[14][20][21]

Mishima nella sua vita fu un appassionato degli scritti di Thomas Mann, Yasunari Kawabata, Fëdor Dostoevskij, Friedrich Nietzsche, Gabriele D'Annunzio, Marchese De Sade, Oscar Wilde, Sun Tzu, Yoshitoshi, Yamamoto Tsunetomo, Joris Karl Huysmans, Mori Ōgai, Georges Bernanos e Miyamoto Musashi, da cui trasse lo stile e tematiche letterarie.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Il seguente elenco delle opere di Mishima riporta l'ordine cronologico originale della prima edizione giapponese, col titolo dell'edizione italiana e poi quello originale tra parentesi, anche col testo traslitterato col sistema Hepburn

Romanzi[modifica | modifica wikitesto]

Racconti[modifica | modifica wikitesto]

Saggi[modifica | modifica wikitesto]

  • La coppa di Apollo (アポロの杯 - Aporo no Sakazuki, 1967), Milano, Leonardo Editore, 1993, ISBN 978-88-355-0129-9. [raccolta di articoli sui viaggi dell'autore]
  • La via del guerriero (葉隠入門 - Hagakure nyūmon, 1967)
  • Sole e acciaio (太陽と鉄 - Taiyō to tetsu, 1970)
    • traduzione dal giapponese di Adrian Popa, Prefazione di Pierre Pascal, Milano, Edizioni del Borghese, 1972.
    • traduzione dal giapponese di Lydia Origlia, Parma, Guanda, 1982, ISBN 88-7746-215-9.
  • Lezioni spirituali per giovani Samurai (若きサムライのための精神講話 - Wakaki Samurai no tameno Seishin kowa, giugno 1968 – maggio 1969), trad. dal giapponese di Lydia Origlia, Milano, Feltrinelli, 1988, ISBN 88-07-81120-0; Milano, SE, 1998, ISBN 978-88-7710-116-7. [raccolta di saggi, comprendente il proclama letto dall'autore pochi istanti prima del suicidio rituale]
  • Il pazzo morire, trad. e cura di Giuseppe Fino, Collana Yugao, Sanno-Kai, 1979.
  • Ancora intorno al pazzo morire, Introduzione di Giorgio Freda, Edizioni di Ar, 1980.
  • La difesa della cultura (Bunka Boeiron, 1968), traduzione dal giapponese di Silvio Vita e Romano Vulpitta, Idrovolante, 2020, ISBN 978-88-99564-60-5.

Epistolari[modifica | modifica wikitesto]

  • Y. Mishima-Yasunari Kawabata, Lettere 1945-1970 (川端康成・三島由紀夫 往復書簡 - Kawabata Yasunari・Mishima Yukio Ohfuku Shokan, 1997), Milano, SE, 2000, ISBN 88-7710-543-7.

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

Traduzioni[modifica | modifica wikitesto]

Riferimenti nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Film su Mishima[modifica | modifica wikitesto]

Documentari[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Fiamma Canicatti, Vita di Mishima - in pdf Archiviato il 9 maggio 2006 in Internet Archive.
  2. ^ a b c d e f g h i j Fiamma Canicatti, op.cit.
  3. ^ Mishima: Film Examines an Affair with Death di Michiko Kakutani. New York Times. 15 settembre 1985.
  4. ^ (EN) Hiroaki Sato, Suppressing more than free speech, in The View from New York, The Japan Times, 29 dicembre 2008. URL consultato il 10 gennaio 2009.
  5. ^ riportato in: Yukio Mishima, Lezioni spirituali per giovani samurai
  6. ^ Henry Scott Stokes, The Life and Death of Yukio Mishima, Lantham, Maryland, Rowman & Littlefield, 2000, pp. 30–32, ISBN 978-0815410744.
  7. ^ (JA) Akihiko Nakamura, 三島事件 もう一人の主役―烈士と呼ばれた森田必勝 "Another protagonist of Mishima Incident: Masakatsu Morita who called Upright man", Wakku, 2015, pp. 137–198, ISBN 978-4898317297.
  8. ^ (JA) Munekatsu Date, 裁判記録 「三島由紀夫事件」"Judicial record of 'Mishima Incident'", Kodansha, 1972, pp. 117–122.
  9. ^ Articolo del Telegraph, su news.google.com. URL consultato il 2 ottobre 2019.
  10. ^ a b Eleonora Voltolina, Mishima, tutta la verità sul più controverso scrittore giapponese, su cultura.panorama.it. URL consultato il 31 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 26 luglio 2012).
  11. ^ Luigi Locatelli, (Cannes-recensione) ’25 novembre. Il giorno in cui MISHIMA scelse il suo destino’: un film che non sa restituirci il mito dello scrittore suicida, su Nuovo Cinema Locatelli, 19 luglio 2012. URL consultato il 7 agosto 2023.
  12. ^ Nel suo stile di vita decadente c'erano analogie con quello di D'Annunzio Per Moravia era «un conservatore» Si fece decapitare in diretta televisiva, su iltempo.it. URL consultato il 14 febbraio 2015 (archiviato dall'url originale il 14 febbraio 2015).
  13. ^ Mishima, la distruzione dell'ideologia occidentale, su cpeurasia.eu. URL consultato il 20 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 12 gennaio 2014).
  14. ^ a b c d e f g Yukio Mishima / LA DECOMPOSIZIONE DELL’ANGELO. Feltrinelli 2012. (Recensione di Federico Boccaccini), su federico novaro libri, 29 giugno 2012. URL consultato il 7 agosto 2023.
  15. ^ a b Romano Giachetti, Yukio Mishima - L'insostenibile piacere del suicidio, in La Repubblica, 26 aprile 1997. URL consultato il 31 luglio 2012.
  16. ^ a b c Mishima, il D'Annunzio giapponese Archiviato il 23 febbraio 2014 in Internet Archive.
  17. ^ Adrian, "L'ideologia della morte folle" - IMDI.it, su Il Meglio di Internet, 3 luglio 2012. URL consultato il 7 agosto 2023.
  18. ^ Il cuore di Mishima, su Ariannaeditrice.it. URL consultato il 7 agosto 2023.
  19. ^ Fausto Gianfranceschi, Il romanzo di Mishima, in Il Tempo, 24 febbraio 1971, p. 3.
  20. ^ Pasolini e Mishima due artisti a confronto - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 11 gennaio 2007. URL consultato il 7 agosto 2023.
  21. ^ Il pianeta difficile di un poeta che assomigliò a Mishima, su www.totalita.it. URL consultato il 7 agosto 2023.
  22. ^ ripubblicati poi, insieme ad altri romanzi e racconti nella raccolta Romanzi e racconti vol. II, I Meridiani, Mondadori
  23. ^ "I'm Afraid of Japan" → Owen Pallett fansite
  24. ^ "Adventure.exe" → Owen Pallett fansite
  25. ^ (KO) 우상의 어둠, 문학의 타락 : 신경숙의 미시마 유키오 표절, in The Huffington Post Korea, 16 giugno 2015. URL consultato il 7 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 12 ottobre 2016).
  26. ^ (EN) Gord Sellar, The Shin Kyung-Sook Plagiarism Scandal (abstract), in gordsellar.com, 2015.
  27. ^ Giulia Pompili, La scrittrice coreana che copiava Mishima, un cortocircuito patriottico, in Il Foglio, 25 giugno 2015. URL consultato il 7 giugno 2018.
  28. ^ Beniamino Di Dario, Del declinare del mondo, Nino Aragno, 2021, pp. 369-372, ISBN 978-88-9380-129-4.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Emanuele Ciccarella, L'angelo ferito. Vita e morte di Mishima, Napoli: Liguori, 2007.
  • Emanuele Ciccarella, La maschera infranta, Napoli: Liguori, 2004.
  • Emanuele Ciccarella (a cura di), Furubayashi Takashi, Kobayashi Hideo, Le ultime parole di Mishima, Milano: Feltrinelli, 2001.
  • Daniele Del Pozzo e Luca Scarlini (a cura di), Rose e cenere. Studi e ricerche su Mishima Yukio, CLUEB, Bologna 2004. Ne è online il saggio di Tommaso Giartosio Un privilegio di autonomia. Omosessualità e arte in "Colori proibiti".
  • Donald Keene, Dawn to the west; Japanese literature of the modern era - Fiction, New York: Columbia University Press, 1998.
  • Henry Scott Stokes, Vita e morte di Yukio Mishima, Torino, Lindau, 2008 (ed. originale: Feltrinelli 1974).
  • Makoto Ueda, Modern Japanese Writers and the nature of literature, Stanford: Stanford University Press, 1976.
  • Arnaldo Di Benedetto, Un dramma "occidentale" di Mishima, in Poesia e critica del Novecento, Napoli, Liguori, 1994.
  • Marguerite Yourcenar, Mishima o la Visione del Vuoto, Bompiani 2005.
  • Christopher Ross, La spada di Mishima, Guanda 2008 e Lindau, 2018 (ISBN 9788833530628).
  • Riccardo Rosati, Mishima. Acciaio, Sole ed Estetica, Roma, CinabroEdizioni, 2020.

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