Francesco Camillo VII Massimo

Francesco Camillo VII Massimo, IV marchese di Roccasecca
Marchese di Roccasecca
Stemma
Stemma
In carica1735 –
1801
PredecessoreFilippo Camillo VI
SuccessoreMassimiliano Camillo VIII
TrattamentoSua Grazia
NascitaRoma, 27 settembre 1730
MorteNapoli, 20 febbraio 1801
DinastiaMassimo
PadreFilippo Camillo VI, III marchese di Roccasecca
MadreIsabella Fiammetta Soderini
ConsorteBarbara Savelli Palombara
ReligioneCattolicesimo

Francesco Massimo, IV marchese di Roccasecca, noto anche come Camillo VII (Roma, 27 settembre 1730Napoli, 20 febbraio 1801) è stato un nobile, diplomatico e dignitario pontificio italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Apparteneva alla nota famiglia romana la cui origine una inverosimile genealogia fa risalire alla Gens Fabia dell'antica Roma[1]; suo padre era il marchese Filippo (1684-1735) e sua madre Isabella Fiammetta Soderini (1699-1744). Francesco è ricordato negli atti pubblici col nome di «Camillo VII» in quanto tutti i primogeniti maschi della famiglia Massimo sottoscrivevano gli atti pubblici non col proprio nome di battesimo, ma con quello di «Camillo», in ricordo di Camillo Massimo (1577-1640), primo istitutore del fedecommesso di primogenitura[2]. Orfano dei genitori in età infantile, ebbe come tutore uno zio materno che lo fece studiare a Torino.

Nel 1746 il suo nome fu incluso fra quelli dei sessanta "patrizi coscritti" elencati nella Bolla Urbem Romam di Benedetto XIV[3]. Da allora Francesco Camillo VII ebbe accesso spesso alle magistrature nel Capidoglio e nella corte pontificia. Nel 1765 sposò una ricca ereditiera, Barbara Savelli Palombara (1750-1826), che portò in dote fra l'altro Villa Palombara all'Esquilino. Nel 1769 fu nominato sopraintendente generale delle Poste pontificie, una carica vitalizia che procurava l'appalto dei servizi postali nello Stato della Chiesa e fu poi confermata a tutti i primogeniti Massimo fino al principe Leone (Camillo XII). Nel 1775 papa Pio VI lo privò di ogni incarico pubblico poiché Francesco aveva mostrato esultanza quando, durante il conclave, si era ritenuto che il cardinale Braschi, cioè il futuro Pio VI, non sarebbe potuto diventare papa; ma Francesco riuscì a tornare presto nelle grazie del pontefice e riebbe l'appalto del servizio postale.

Nel 1796 fu nominato colonnello della milizia civica; e l'anno successivo fece parte dello stato maggiore del generale Michelangelo Alessandro Colli-Marchini, lo sfortunato comandante dell'esercito pontificio contro le truppe francesi. Il 19 febbraio 1797 Francesco Massimo fece parte della delegazione diplomatica che, capeggiata dal cardinale Alessandro Mattei, aveva l'incarico di trattare la resa pontificia, sottoscritta poi col trattato di Tolentino (19 febbraio 1797), con François Cacault e Napoleone Bonaparte. Poco dopo (11 marzo 1797) fu nominato rappresentante diplomatico presso Napoleone. Massimo era ritenuto la persona più adatta a mediare tra la corte papale e la Francia in quanto era laico ed era ritenuto filo-francese perché, avendo studiato a Torino, conosceva bene la cultura francese[4]. Probabilmente risale a questo periodo un noto aneddoto: a Bonaparte che gli aveva chiesto se era vero che i Massimo discendessero da Quinto Fabio Massimo, rispose che non si poteva esserne certi, ma che comunque nella sua famiglia quella diceria circolava da una dozzina di secoli[5].

Il 28 luglio 1797 presentò le credenziali di ambasciatore di Pio VI a Parigi; la sua principale attività diplomatica in Francia fu quella di negoziare il ristabilimento del culto cattolico in Francia. La missione cessò bruscamente quando a Parigi giunse notizia dell'uccisione a Roma del generale Léonard Duphot (28 dicembre 1797), e Massimo fu messo agli arresti domiciliari. Il 6 marzo 1798 fu liberato e poté rientrare a Roma dove nel frattempo era stata istituita la Repubblica Romana (1798-1799), a cui dovette quindi consegnare le carte diplomatiche. Durante l'effimera restaurazione seguita all'invasione di Roma dell'esercito napoletano che, al comando di von Mack, tentò di ristabilire l'autorità papale, Massimo entrò a far parte della reggenza provvisoria. Tuttavia la sconfitta di Mack a Civita Castellana comportò il ritorno a Roma dell'esercito francese (11 dicembre 1798): Massimo si rifugiò dapprima a Napoli e successivamente, quando venne instaurata la Repubblica Napoletana (1799), a Corfù. A Roma fu condannato a morte in contumacia (3 aprile 1799) e i suoi beni furono confiscati. Ritornò a Roma solo dopo la caduta della Repubblica Romana (27 settembre 1799) e riprese a far parte della suprema giunta di governo. Morì a Napoli; è seppellito nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Chiaia.

Matrimonio e figli[modifica | modifica wikitesto]

Francesco Camillo VII sposò il 16 maggio 1765 a Roma la nobildonna Barbara Savelli Palombara, figlia di Massimiliano III Savelli Palombara, marchese di Pietraforte, e nipote di Massimiliano Savelli Palombara il celebre alchimista, a cui si deve la costruzione della Porta Magica, ancora visibile oggi nel giardino di Piazza Vittorio E.II a Roma e di Porzia Gabrielli. La coppia ebbe i seguenti figli:

  • Carlo (n. 1766), ecclesiastico
  • Maria Isabella (n. 1767)
  • Massimiliano Camillo (n. 1770), V marchese di Roccasecca e I principe di Arsoli, sposò Cristina di Sassonia
  • Carlo Emmanuele Filippo (n. 1775)
  • Giulia (n. 1783), sposò in prime nozze il marchese Luigi Costaguti e in seconde nozze il nobile Francesco Bernini

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Fabrizio Camillo IV Massimo, I marchese di Roccasecca Pietro Massimo, II signore di Arsoli  
 
Tuzia Massimo  
Giovanni Battista Camillo V Massimo, II marchese di Roccasecca  
Francesca Maddaleni Capodiferro Pompeo Maddaleni Capodiferro  
 
 
Filippo Camillo VI Massimo, III marchese di Roccasecca  
Fabio Camillo Massimo Giacomo Luigi Massimo  
 
Giulia Serlupi  
Giulia Massimo  
Laura Ginnetti  
 
 
Francesco Camillo VII Massimo, IV marchese di Roccasecca  
Francesco Soderini Antonfrancesco Soderini  
 
Laura Astalli  
Antonfrancesco Soderini  
Costanza Ginori Lorenzo Ginori  
 
 
Isabella Fiammetta Soderini  
Pompeo Muti Papazzurri, marchese di Filacciano Girolamo Muti Papazzurri  
 
Vittoria Virginia Ignazi  
Vittoria Muti Papazzurri  
Maria Isabella Massimo Mario Francesco Massimo  
 
 
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Anna Modigliani, MASSIMO, Massimo (Massimo di Lello di Cecco). In: Dizionario Biografico degli Italiani, Roma: Istituto dell'Enciclopedia italiana, Vol. LXXII, 2009
  2. ^ Maura Piccialuti Caprioli, L'immortalità dei beni: fedecommessi e primogeniture a Roma nei secoli XVII e XVIII, Roma: Viella, 1999, ISBN 88-85669-99-9
  3. ^ Archivio Storico Capitolino, "Il libro d'oro della Nobiltà Romana", 1839
  4. ^ Giustino Filippone-Thaulero, Le relazioni tra lo Stato pontificio e la Francia rivoluzionaria. Storia politica del trattato di Tolentino, Milano: Giuffré, 1967, p. 641 nota
  5. ^ Ceccarius, I Massimo, Roma: Istituto di studi romani, 1954

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Marchese di Roccasecca Successore
Filippo Camillo VI Massimo, III marchese di Roccasecca 1735 - 1801 Massimiliano Camillo VIII Massimo, V marchese di Roccasecca
Predecessore Sovrintendente Generale delle Poste pontificie Successore
? 1769 - 1775 Nessuno I
Nessuno ? - 1801 Massimiliano Camillo VIII Massimo, V marchese di Roccasecca II
Predecessore Foriere maggiore dei sacri palazzi apostolici Successore
Marchese Patrizi Naro Montoro 1772 - 1775 Giovanni Battista Colligola
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