Idracido

Gli idracidi sono acidi binari composti solamente da idrogeno e da un non metallo del diciassettesimo gruppo (ossia un alogeno) oppure zolfo, selenio, tellurio o un gruppo cianidrico[1].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Gli idracidi sono dunque i seguenti:

I primi tre sono acidi forti mentre i restanti sono tutti acidi deboli. I primi cinque (ovvero HCl, HBr, HI, HF e HAt) sono complessivamente denominati acidi alogenidrici, poiché sono composti tra l'idrogeno e un alogeno.

Nomenclatura tradizionale[modifica | modifica wikitesto]

Nella nomenclatura tradizionale, ancora ampiamente usata per questi composti, gli idracidi prendono il nome di "acido" + nome dell'elemento non metallico "-idrico", e quindi, ad esempio, HCl è l'acido cloridrico, HF è l'acido fluoridrico, H2S è l'acido solfidrico.

Nomenclatura attuale (IUPAC)[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la nomenclatura IUPAC, gli idracidi sono composti binari il cui nome si forma aggiungendo il suffisso -uro all'elemento a destra nella formula (il non metallo) preceduto da un suffisso per indicare il numero di atomi presenti e seguito da "di" e dal nome dell'altro elemento, anch'esso preceduto da un prefisso che indica il numero dei suoi atomi. Per esempio, HCl è il cloruro di idrogeno, HF è il fluoruro di idrogeno, H2S è il solfuro di di-idrogeno[2].

Caratteristiche degli idracidi[modifica | modifica wikitesto]

La formula generica di un Idracido sarà quindi "HX", essendo H l'atomo di idrogeno ed X o un alogeno oppure zolfo, selenio, azoto o gruppo cianidrico (CN). Negli idracidi l'idrogeno è l'elemento meno elettronegativo ed è quindi scritto per primo nella formula. L'idrogeno può, infatti, formare altri composti binari, detti idruri, con caratteristiche elettrochimiche e fisiche completamente diverse, in cui è invece l'elemento più elettronegativo ed è quindi scritto per ultimo (ad esempio NaH - idruro di sodio).

Nonostante la formula bruta simile a quella degli idracidi, l'acqua (H2O) non è considerata tale a causa delle differenza elettrochimiche e fisiche; il suo nome IUPAC è, invece, ossido di diidrogeno.[2]

Tutti gli idracidi sono completamente solubili in acqua e solubili nei solventi polari. Una reazione tipica degli idracidi, come per gli acidi in generale, è la reazione di neutralizzazione, detta anche di salificazione, in cui l'idrogeno è sostituito da un metallo formando un sale, per azione diretta dell'idracido con un metallo oppure con un idrossido; si tratta di sali privi di ossigeno, generalmente indicati come alogenuri benché tale dizione sia corretta, in senso stretto, solo per i sali derivanti da idracidi tipici, ossia formati solo da Idrogeno e un non metallo alogeno, e sia, invece, più corretto indicare gli altri come pseudoalogenuri[1].

Idracidi e idruri[modifica | modifica wikitesto]

Sia gli idracidi sia gli idruri sono composti binari dell'idrogeno. Si tratta tuttavia di composti molto diversi. Negli idracidi, l'idrogeno si comporta come elemento elettropositivo (pertanto è scritto per primo nella formula). Un esempio è HCl, acido cloridrico, in cui H ha elettronegatività 2,1 mentre Cl ha elettronegatività 3,0. Negli idruri, viceversa, l'Idrogeno è l'elemento più elettronegativo. Ad esempio, in LiH, idruro di litio, Li ha elettronegatività 1,0 mentre H ha elettronegatività 2,1[3].
Gli idracidi reagiscono con i metalli energicamente dando luogo a sali per sostituzione dell'idrogeno; gli idruri no. Più in generale, il comportamento degli idruri è completamente diverso da quello degli idracidi, sia chimicamente, sia fisicamente.
Nella nomenclatura IUPAC il nome degli idracidi differisce da quello degli idruri (es. «cloruro di idrogeno» per l'idracido - ma «idruro di sodio» per l'idruro), essendo il suffisso "-uro" destinato a contrassegnare l'elemento più elettronegativo[1][2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c A. Post Baracchi; A. Tagliabue, Chimica per le scuole medie superiori, Torino, Lattes, 1988
  2. ^ a b c G. G. Guilizzoni, Questionario di chimica di base, Edizioni Remo Sandron, Firenze, 1977
  3. ^ Valori di elettronegatività di Pauling - dati ripresi da: A. Post Baracchi; A. Tagliabue, Chimica per le scuole medie superiori, Torino, Lattes, 1988 - pagine 98 e 99.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Post Baracchi; A. Tagliabue, Chimica per le scuole medie superiori, Torino, Lattes, 1988.
  • G. G. Guilizzoni, Questionario di chimica di base, Edizioni Remo Sandron, Firenze, 1977.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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