Jacovella da Celano

Jacovella da Celano
Contessa di Celano
Stemma
Stemma
In caricaXV secolo
PredecessoreNicolò da Celano
SuccessoreRuggero Accrocciamuro
TrattamentoContessa
Altri titoliContessa di Venafro
Baronessa di Carapelle
NascitaCelano, 1418
MorteVenafro, ante 1471
DinastiaCelano
PadreNicolò da Celano
MadreMaria Marzano
ConiugiOdoardo Colonna
Jacopo Caldora
Lionello Accrocciamuro
FigliRuggero, Pietro ed Isabella Accrocciamuro
ReligioneCattolicesimo

Jacovella, meglio nota come Jacovella da Celano, detta anche Covella, Iacovella, Jacomella, Iacomella, Jacobella, Iacobella, Giovanna, Giovanna della Ratta (Celano, 1418Venafro, ante 1471), è stata una nobile italiana, contessa di Celano e Venafro e baronessa di Carapelle Calvisio.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Il castello di Celano, principale dimora di Jacovella

«Tra le cose passeggere ne trovo solo una tale da rappresentare l'immagine della vita celeste,
e cioè solo l'amore, che un evento fisico non altera, una separazione non separa,
la distanza del tempo non annulla.»

Jacovella, detta anche Covella, Iacovella, Jacomella, Iacomella, Jacobella, Iacobella o Giovanna della Ratta[2], è stata l'ultima esponente della famiglia dei Celano[3], che trasse il proprio nome dall'omonima contea da essa posseduta, a sua volta discendente dalla casata dei Berardi, noti come Conti dei Marsi, i quali erano discendenti diretti di Carlo Magno. I conti hanno per lungo tempo governato la Marsica[4].

Ultimogenita di Nicolò, conte di Celano, e di Maria Marzano, duchessa di Sessa, secondo alcune fonti nacque nel 1418[5], mentre altre collocano la sua nascita a cavallo tra il XIV e il XV secolo. Con la morte del padre Nicolò e l'allontanamento della madre Maria che si risposò con il capitano di ventura Muzio Attendolo Sforza, Jacovella, ancora giovane, divenne l'erede dei beni, essendo il fratello Pietro morto improvvisamente nel 1422 forse a causa di una malattia, le sorelle Giovanna ed Isabella già sposate e, in quel periodo, le altre due sorelle Angelella[A 1] ed Antonella[A 2], prossime al matrimonio[6].

Nel 1424, per motivi aristocratico-politici, dovette sposare Odoardo Colonna, nipote di papa Martino V[7], ritratto spesso come malato o deforme, il quale divenne così feudatario delle contee di Albe e Celano[8]. Dopo una convivenza forzata durata circa tre anni e con la sopravvenuta morte di papa Martino V, appena le fu possibile, la giovane scappò da casa Colonna, probabilmente aiutata da sua madre Maria, benché quest'ultima fosse ormai lontana dalle vicende celanesi.

Non si conosce il vero motivo che spinse il Colonna a non consumare il matrimonio, tuttavia alcune opere storiografiche riportano «per difetto di età o per impotenza»[9]. Fatto sta che Jacovella chiese al nuovo papa Eugenio IV l'annullamento del matrimonio, ottenuto il quale prese in seconde nozze Jacopo Caldora, all'epoca quasi settantenne e capace di offrire protezione a lei e alla sua contea dai rischi connessi alle spinte espansionistiche dei Colonna. Nel 1439, probabilmente a tre mesi dal secondo matrimonio, però la contessa rimase vedova.

In questo breve arco di tempo la donna ebbe modo di conoscere il nipote del Caldora, Lionello Accrocciamuro, che molto probabilmente nel 1440[10], non senza censure e condanne, portò Jacovella alle terze nozze. Nel 1458, rimasta di nuovo vedova, si ritrovò a governare da sola la contea di Celano e a crescere i tre figli Ruggero, Pietro[11] ed Isabella[12].

Il castello di Gagliano Aterno, in cui fu assediata ed imprigionata Jacovella

Il figlio di Jacovella, Ruggero Accrocciamuro, dopo la morte del padre, nonostante la minore età, rivendicò a lei i suoi diritti sulla contea di Celano e, con l'aiuto di Jacopo Piccinino e del suo esercito, l'assediò nel castello di Gagliano Aterno, nel quale si era rifugiata alcuni mesi dopo essere rimasta vedova[13][14]. Dopo tre giorni continui di attacchi la contessa fu catturata ed imprigionata nel castello stesso. Tutti i feudi della contessa passarono quindi sotto il controllo del figlio Ruggero, mentre il Piccinino rubò nel castello gioielli, suppellettili ed una grande quantità di lana del valore complessivo di 80 000 ducati che utilizzò per ricostituire l'esercito ed assediare Sulmona l'anno seguente (1463)[13][14][15]. Jacovella per riottenere la libertà fu costretta a pagare 120 000 ducati[15]. Subito dopo corse voce che Matteo di Capua, viceré degli Abruzzi per conto del re del Regno di Napoli Ferrante d'Aragona, avesse preferito non soccorrere la contessa per non far cadere in rovina Jacopo Piccinino, col quale nutriva buoni rapporti di amicizia nonostante gli opposti schieramenti[13][14]. Fallito poi l'assedio di Sulmona, l'Accrocciamuro e il Piccinino furono tuttavia esiliati e la contea di Celano fu assegnata dal sovrano ad Antonio Piccolomini, che aveva sposato Maria d'Aragona, una delle figlie del re.

Quanto al figlio secondogenito Pietro, che nutriva la passione per la letteratura, le scienze e le arti, dopo le vicende di Gagliano Aterno lo si ritrova a Venezia accanto all'umanista Paolo Marso a seguire le lezioni del maestro Pomponio Leto. A Jacovella fu confermata infine la sola contea di Venafro, in Molise, dove morì prima del 1471[16][17].

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Ruggero da Celano Tommaso da Celano  
 
Isabella Acquaviva  
Pietro da Celano  
Francesca de Haya Giovanni de Haya  
 
Egidia (Gilia) de Gubicio  
Nicolò da Celano  
? ?  
 
?  
?  
? ?  
 
?  
Jacovella da Celano  
Roberto Marzano Goffredo Marzano  
 
Giovanna Ruffo  
Giacomo Marzano  
? ?  
 
?  
Maria Marzano  
Ruggero Sanseverino Enrico Sanseverino  
 
Ilaria dell'Oria  
Caterina Sanseverino  
Marchesa del Balzo ?  
 
?  
 

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Jacovella da Celano si sposò tre volte:

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Jacovella tra il 1424 e il 1435, durante il periodo in cui era legata ad Odoardo Colonna, fornì le decorazioni alla chiesa di Giovanni Battista di Celano[3] e favorì il restauro della chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta nei pressi di Rosciolo dei Marsi[18]. Vengono attribuiti a lei e al suo terzo marito Lionello interventi alla chiesa di San Francesco, l'edificazione della chiesa di Santa Maria Valleverde e di quella di Sant'Angelo di Celano e il completamento del secondo piano del mastio e delle tre torri cilindriche del castello di Celano nel 1451. La contessa contribuì anche alla costruzione della basilica di San Bernardino dell'Aquila, oltre alla realizzazione di numerose altre opere.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni
  1. ^ Era in procinto di sposare il condottiero Niccolò Piccinino.
  2. ^ Risultava sposata nel 1456 con Nicolò Cantelmo, 1º duca di Sora, 3º conte d'Arce e di Alvito e 4º conte di Popoli.
Riferimenti
  1. ^ Veneranda Rubeo, p. 123.
  2. ^ Francesco Senatore e Francesco Storti, p. 374.
  3. ^ a b Gaetano Curzi, Il cantiere pittorico della chiesa dei SS. Giovanni Battista e Evangelista a Celano: convergenze e tangenze, in Pio Francesco Pistilli, Francesca Manzari e Gaetano Curzi (a cura di), Universitates e Baronie. Arte e architettura in Abruzzo e nel Regno al tempo dei Durazzo, vol. 1, Pescara, Edizioni Zip, 2008, pp. 19-34.
  4. ^ Nino Motta, Berardi, il dominio di una famiglia per più di due secoli, su ilcentro.gelocal.it, Il Centro, 24 febbraio 2013. URL consultato il 21 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 15 marzo 2016).
  5. ^ Leucio Lippa e Roberta De Santi, I conti Berardi, su terremarsicane.it, Terre Marsicane, 20 giugno 2016. URL consultato il 21 aprile 2018.
  6. ^ Veneranda Rubeo, p. 59.
  7. ^ Giuseppe Grossi, L'età medievale, su celano.terremarsicane.it, Terre Marsicane. URL consultato il 21 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 16 marzo 2016).
  8. ^ Maurizia Mastroddi, Il Castello di Celano, su museodellamarsica.beniculturali.it, MiBACT, 8 aprile 2013. URL consultato il 21 aprile 2018.
  9. ^ Carlo De Lellis (1671); Enrico Celani (1893), dai Commentarii di papa Pio II; e Camillo Tollis (1967).
  10. ^ Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti, vol. 184, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1864, p. 121.
  11. ^ Veneranda Rubeo, p. 129.
  12. ^ Michele Manfredi, Lionello Accrocciamuro, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 1, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1960.
  13. ^ a b c Angelo di Costanzo, Historia del Regno di Napoli, Napoli, 1710, pp. 508-509.
  14. ^ a b c Giovanni Battista Carafa, Dell'historie del Regno di Napoli, Napoli, 1572, p. 249.
  15. ^ a b Jacopo Piccinino, su condottieridiventura.it.
  16. ^ Edward Lear, Viaggiatori stranieri in terra d'Abruzzo (PDF), su cultura.regione.abruzzo.it, Regione Abruzzo. URL consultato il 21 aprile 2018.
  17. ^ Richard Keppel Craven, Viaggio in Abruzzo, su viaggioadriatico.it, Viaggio Adriatico. URL consultato il 21 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 21 febbraio 2015).
  18. ^ Giuseppe Grossi, Marsica, guida storico-archeologica, Luco dei Marsi, Aleph Editrice, 2002, p. 38.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Augusto Cantelmi, Jacovella de Celano eroina da romanzo ed il suo castello medioevale, Pescara, Studio Bibliografico La linea d'ombra, 1970.
  • Pietro Antonio Corsignani, De viris illustribus Marsorum, Monaco di Baviera, Biblioteca Pubblica Bavarese, 1712.
  • Pietro Antonio Corsignani, Reggia marsicana ovvero memorie topografico-storiche di varie colonie, e città antiche e moderne della provincia dei Marsi e di Valeria, compresa nel vetusto Lazio, e negli Abruzzi, colla descrizione delle loro chiese, e immagini miracolose; e delle vite de' santi, cogli uomini illustri, e la serie de' vescovi marsicani, Monaco di Baviera, Biblioteca Pubblica Bavarese, 1738.
  • Andrea Di Pietro, Agglomerazione delle popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, Carsoli, Tipografia Marsicana, 1869.
  • Muzio Febonio, Historiæ Marsorum, Monaco di Baviera, Biblioteca Pubblica Bavarese, 1678.
  • Veneranda Rubeo, Covella, contessa di Celano: sulla storia di una nobildonna nella Marsica del Quattrocento, Avezzano, Edizioni Kirke, 2015.
  • Francesco Senatore e Francesco Storti, Poteri, relazioni, guerra nel regno di Ferrante d'Aragona, Napoli, ClioPress, 2011.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]