Concilio di Costantinopoli II

Secondo Concilio di Costantinopoli
Concilio ecumenico delle Chiese cristiane
Data 553
Accettato da cattolici, ortodossi, luterani, vetero-cattolici (V)
Concilio precedente Concilio di Calcedonia
Concilio successivo Concilio di Costantinopoli III
Convocato da Imperatore Giustiniano I
Presieduto da Eutichio di Costantinopoli, papa Vigilio non presente
Partecipanti 160, di cui 8 dall'Africa
Argomenti monofisismo, nestorianesimo e apocatastasi
Documenti e pronunciamenti "Sententia Adversus Tria Capitula, Quattordici Anatematismi""
Questa voce è parte della serie
Concili Ecumenici
della Chiesa Cattolica

Amédée Daudenarde, Il popolo di Roma nella Basilica di San Pietro il giorno in cui venne approvata l'infallibilità papale il 18 luglio 1870, litografia, Le Monde illustré n. 696 p. 112.

Tardo Impero (325 d.C. - 451)
Nicea I · Costantinopoli I · Efeso · Calcedonia
Alto Medioevo (553 - 870)
Costantinopoli II · Costantinopoli III ·
Nicea II · Costantinopoli IV
Basso Medioevo (1123 - 1517)
Lateranense I · Lateranense II ·
Lateranense III · Lateranense IV · Lione I · Lione II · Vienne · Costanza · Basilea, Ferrara e Firenze
Età moderna (1512 - 1545)
Lateranense V · Trento
Età contemporanea (1869 - 1965)
Vaticano I · Vaticano II
Portale Cattolicesimo

Il secondo Concilio di Costantinopoli fu convocato dall'imperatore bizantino Giustiniano I (527-565) nel 553 con l'obiettivo di raggiungere una posizione comune alle Chiese d'Oriente e d'Occidente sulla condanna del monofisismo. Tutt'oggi i suoi decreti sono validi sia per la chiesa cattolica che per la chiesa ortodossa, per i vetero-cattolici e per i luterani.

È storicamente ricordato, oltre che per i suoi decreti, per aver originato lo Scisma tricapitolino, che divise la Chiesa d'Occidente per circa un secolo e mezzo.

Cause del concilio[modifica | modifica wikitesto]

La cristologia monofisita (secondo cui Cristo avrebbe solamente la natura divina e non più quella umana poiché quest'ultima è stata assorbita da quella divina) era stata condannata dal concilio di Calcedonia (451). Nonostante ciò, un secolo dopo i monofisiti erano ancora numerosi e conservavano molti agganci politici alla corte di Costantinopoli. Tra le massime figure a loro favorevoli, vi era la coniuge di Giustiniano, l'imperatrice Teodora.

Giustiniano, nella sua autorità di legislatore ecclesiastico, promulgò nel 543-544 un editto con cui si prefisse di ricucire i rapporti coi monofisiti. Si trattava della «condanna dei Tre Capitoli», testi scritti oltre un secolo prima da tre vescovi, nonché maestri, della scuola teologica di Antiochia (Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Cirro e Iba di Edessa). In questo modo l'imperatore rigettava le idee diofisite sospettate di nestorianesimo, senza confutare i decreti dei concili ecumenici del passato.

Ottenuto l'assenso dei vescovi d'Oriente, l'approvazione dell'editto incontrò un primo ostacolo nella persona del patriarca di Costantinopoli, che si rimise al volere della sede apostolica romana. Giustiniano, volendo chiudere la questione in breve tempo, convocò il pontefice direttamente a Costantinopoli. Nel 546 Papa Vigilio fu prelevato da Roma e condotto forzosamente nella capitale bizantina: qui fu trattenuto e fu fatto oggetto di pressioni, al fine di ottenere la sua controfirma al decreto.

Vigilio invece giudicò l'editto imperiale in contrasto con il Concilio di Calcedonia e si rifiutò di firmarlo. Il "domicilio coatto" a Costantinopoli si protrasse per diversi mesi. Ma alla fine le pressioni della corte ebbero il loro effetto e l'11 aprile 548 (giorno di Pasqua) il pontefice inviò al patriarca Mena uno scritto (Iudicatum) che condannava i tre capitoli. Subito i vescovi d'Occidente e dell'Africa respinsero il documento pontificio. Dall'Africa arrivò addirittura una scomunica al papa. La chiesa era vicina ad uno scisma. Vigilio ci ripensò: ritirò il suo Iudicatum e propose all'imperatore la convocazione di un concilio ecumenico.

Giustiniano, stanco dei cambiamenti di posizione del pontefice, emanò un nuovo editto di condanna dei Tre Capitoli (agosto 551). L'editto ottenne l'adesione dei soli vescovi orientali. L'imperatore ed il patriarca Eutichio, successore di Mena, convocarono quindi un Concilio ecumenico a Costantinopoli. Il papa, che voleva che il concilio si tenesse in Italia o in Sicilia, non vi prese parte.

Giustiniano aveva convocato un numero di vescovi da tutti i cinque patriarcati, in pari numero. A causa dell'assenza del pontefice, parteciparono molti più vescovi orientali che occidentali. Il Concilio si riunì il 5 maggio 553 nella basilica di Santa Sofia, la cattedrale di Costantinopoli. Il patriarca di Costantinopoli Eutichio presiedette il sinodo: 165 vescovi, dei quali 8 africani, sottoscrisseo i decreti del concilio, nel quale vennero condannati i Tre Capitoli e l'origenismo. Per conto dell'imperatore, infine, il patriarca Eutichio pretese l'approvazione dei canoni conciliari di condanna del nestorianesimo.

La discussione[modifica | modifica wikitesto]

Mosaico di San Vitale a Ravenna rappresentante l'imperatore bizantino Giustiniano I, che convocò il Concilio.

Il concilio di Costantinopoli II, condannando gli scritti di Teodoro di Mopsuestia (maestro di Nestorio), di Teodoreto di Cirro e la lettera che Iba scrisse al persiano Mari (vescovo nestoriano di Seleucia-Ctesifonte dopo il 433), conferma la teologia dei precedenti quattro concili, Nicea I, Costantinopoli I, Efeso e Calcedonia ed attesta la canonicità degli insegnamenti di San Cirillo d'Alessandria che aveva avuto una parte essenziale al concilio di Efeso. Secondo la teologia di Cirillo, Gesù Cristo è una sola ipostasi con due nature, quella del Logos, cioè divina, e la carne, cioè l'umana. Le due nature, la divina e l'umana, sono diverse e distinte, e mantengono le loro caratteristiche, ma sono unite nell'unica persona, quella del Logos incarnato.

Al Concilio fu condannata come eresia anche la dottrina detta apocatastasi.[1]

Come si è detto, Teodoro di Mopsuestia era stato maestro di Nestorio, condannato dal concilio di Efeso del 431. Teodoreto di Cirro aveva scritto contro questo sinodo e contro i dodici anatematismi di Cirillo (approvati ad Efeso) ed in difesa di Teodoro e di Nestorio. Anche la lettera di Iba, dove si afferma che dalla vergine Maria è nato un puro uomo, accusa Cirillo di apollinarianesimo (eresia condannata al concilio di Costantinopoli I) ed incolpa il concilio di Efeso di avere condannato Nestorio senza il dovuto esame. Infine, chiama empi e contrari alla retta fede i dodici capitoli pronunciati ad Efeso da Cirillo contro Nestorio e difende Teodoro e Nestorio ed i loro scritti.

Condannando tali scritti, il concilio riconosceva la retta fede di S. Cirillo, accusato da alcuni di tendenze monofisite. Il concilio confermava, infine, la condanna di Apollinare e di Eutiche che avevano affermato un'unione secondo confusione. La santa Chiesa predica un'unione secondo composizione, cioè secondo sussistenza. Questa infatti: a) conserva senza confusione le parti che si unirono nel mistero di Cristo; b) non introduce divisione. Gesù Cristo è consustanziale a Dio secondo la divinità e consustanziale a noi secondo l'umanità, ma non deve essere diviso per parti.[2]

Il secondo Concilio di Costantinopoli proclamava infine la "verginità perpetua di Maria".[3]

Avvenimenti successivi[modifica | modifica wikitesto]

Quantunque il Constitutum di papa Vigilio (14 maggio 553), sottoscritto da 16 vescovi, rigettasse 60 proposizioni di Teodoro di Mopsuestia, ma non la sua memoria e si rifiutasse di condannare Iba di Edessa e Teodoreto dai quali era assente ogni sospetto d'eresia e reintegrati nelle loro sedi episcopali già dal Concilio di Calcedonia, il sinodo, nella VIII sessione del 27 giugno condannò nuovamente i tre capitoli (Teodoro, Teodoreto ed Iba) nel medesimo modo con cui li aveva condannati Giustiniano, emettendo una sentenza che si concluse con 14 anatematismi.

Papa Vigilio, considerata attentamente la questione per sei mesi, temendo le persecuzioni di Giustiniano verso i suoi presbiteri, approvò il concilio con una lettera inviata ad Eutichio l'8 dicembre, con la quale "avendo seguito il consiglio di Agostino" ritrattò il suo parere precedente e condannò gli errori dei tre maestri della scuola antiochena.

I decreti del concilio non furono recepiti dal patriarcato di Aquileia e dai vescovi delle diocesi adiacenti, provocando lo Scisma tricapitolino. Inizialmente anche la Chiesa di Milano si oppose alle conclusioni del Concilio in concordanza con la Chiesa di Aquileia, ma ritornò in tempi abbastanza brevi (573) in comunione con il papa.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Gli atti di questo concilio rimangono solamente in versione latina; in greco, invece, solamente in pochi passi, tra cui i 14 anatematismi. La ricerca più recente ha dimostrato che gli anatematismi contro Origene non sono da attribuirsi a questo concilio.[4]

Partecipanti[modifica | modifica wikitesto]

Gli atti conciliari[5] riportano diverse liste di vescovi che presero parte al concilio. Si tratta per la maggior parte delle liste delle presenze alle varie sedute, redatte dai segretari all'inizio di ogni sessione; tuttavia, solo per le prime quattro sedute e per quella conclusiva del 2 giugno, i segretari hanno messo per iscritto l'elenco completo dei vescovi presenti, copiando sostanzialmente l'elenco della prima seduta.

Nella seduta finale del concilio, gli atti riportano due liste: quella iniziale delle presenze, con 152 nomi di vescovi, e quella finale delle sottoscrizioni, con i nomi di 165 vescovi. Quest'ultimo elenco è anche l'unica lista di sottoscrizioni presente in tutti gli atti conciliari.

La maggior parte dei vescovi proveniva dalle province bizantine, sottomesse al patriarcato di Costantinopoli, dell'Asia Minore nelle diocesi civili di Ponto e di Asia, mentre minori erano i rappresentanti delle diocesi di Tracia e dell'Illirico. I patriarchi di Antiochia e di Alessandria, Domnino e Apollinare, erano personalmente presenti con un proprio gruppo di vescovi, mentre il patriarca di Gerusalemme era rappresentato da tre vescovi, Stefano di Rafia, Giorgio di Tiberiade e Damiano di Sozusa. Al concilio presero parte anche alcuni vescovi dell'Africa romana, tra cui Sestiliano di Tunes in rappresentanza di Primoso di Cartagine.

Diversamente da altri concili, la lista delle sottoscrizioni del 2 giugno non rispetta l'ordine gerarchico proprio delle Chiese orientali e non presenta perciò alcuna suddivisione dei firmatari in province ecclesiastiche. Inoltre, l'assenza degli atti originali in greco, rende in alcuni casi problematico ricostruire la forma esatta del nome dei vescovi e delle loro sedi di appartenenza.[6]

Elenco dei vescovi[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ultima seduta conciliare si trovano le uniche sottoscrizioni riportate dagli atti del concilio. La lista comprende i nomi di 165 vescovi, a cui bisogna aggiungere il vescovo Diogene di Augustopoli, il quale, pur inserito nella lista delle presenze della seduta del 2 giugno, per motivi sconosciuti non sottoscrisse o non poté sottoscrivere gli atti, che furono firmati al suo posto da Megas di Mero.[7]

L'elenco che segue, con le sedi di appartenenza di ciascun vescovo, è quello riportato nell'edizione critica degli Acta Conciliorum Oecumenicorum.[8]

  1. Eutichio di Costantinopoli
  2. Apollinare di Alessandria
  3. Domnino di Antiochia di Siria
  4. Stefano di Rafia[9]
  5. Giorgio di Tiberiade[9]
  6. Damiano di Sozusa[9]
  7. Benigno di Eraclea[10]
  8. Teodoro di Cesarea di Cappadocia
  9. Andrea di Efeso
  10. Sestiliano di Tunes[11]
  11. Megezio di Eraclea di Tracia
  12. Anastasio di Tavio[12]
  13. Giovanni di Ilio[13]
  14. Eusebio di Tiro
  15. Giovanni di Nicomedia
  16. Stefano di Nicea
  17. Costantino di Calcedonia
  18. Pietro di Tarso
  19. Giovanni di Cucuso[14]
  20. Giovanni di Cesarea di Palestina
  21. Pompeiano di Vittoriana
  22. Amazonio di Edessa
  23. Alessandro di Gangra
  24. Tommaso di Apamea di Siria
  25. Eufranta di Tiana
  26. Teodoro di Gerapoli di Siria
  27. Bosforio di Neocesarea del Ponto
  28. Giovanni di Bosra
  29. Filippo di Mira
  30. Teodoro di Seleucia di Isauria
  31. Giuliano di Sardi
  32. Teodoro di Gortina
  33. Eustazio di Damasco
  34. Teodosio di Rodi
  35. Teodoro di Antiochia di Pisidia
  36. Eulogio di Perge
  37. Ciriaco di Amida
  38. Severiano di Afrodisia
  39. Severo di Sinnada
  40. Pietro di Side
  41. Abramo di Sergiopoli
  42. Asigno di Traianopoli di Frigia[15]
  43. Giovanni di Adrianopoli di Emimonto
  44. Giovanni di Maronea
  45. Teodosio di Giustinianopoli di Cappadocia
  46. Stefano di Laodicea di Siria
  47. Aussano di Gerapoli di Frigia
  48. Eustazio di Massimianopoli
  49. Paolo di Eno
  50. Domezio di Calcide
  51. Eterio di Anazarbo
  52. Valeriano di Obba
  53. Dionisio di Seleucia di Siria
  54. Teodoro di Drizipara
  55. Severo di Pompeopoli
  56. Giorgio di Cipsela
  1. Crescente di Cuicul
  2. Romano di Gabala
  3. Giorgio di Giustinianopoli di Armenia
  4. Giovanni di Nissa
  5. Basilio di Camuliana
  6. Giovanni di Barcuso
  7. Sergio di Cinopoli
  8. Cristoforo di Arcadiopoli
  9. Stefano di Clisma
  10. Teodosio di Biblo
  11. Leonzio di Arca
  12. Giovanni di Mirina
  13. Alessandro di Amfipoli
  14. Tommaso di Berissa
  15. Teodoro di Leontopoli
  16. Emiliano di Antipirgo
  17. Aristodemo di Filomelio
  18. Talelaio di Adrianopoli di Pisidia
  19. Teoctisto di Eritre
  20. Diogeniano di Sozopoli
  21. Basso di Damiata
  22. Anatolio di Cime
  23. Conone di Magido
  24. Diogene di Crazia
  25. Teoctisto di Prusa
  26. Giorgio di Tolemaide
  27. Elia di Dioclezianopoli
  28. Teonas di Cuse
  29. Teodoro di Limira
  30. Zosimo di Antandro
  31. Asincrezio di Arado
  32. Stefano di Botri
  33. Filippo di Fello
  34. Menas di Myriangelos
  35. Cipriano di Corico
  36. Restituto di Milevi
  37. Tommaso di Costantina
  38. Teodoro di Elenopoli
  39. Severo di Tabe
  40. Teoctisto di Alicarnasso
  41. Tommaso di Circesio
  42. Sotero di Aulona
  43. Gennadio di Zenonopoli
  44. Cosma di Mallo[16]
  45. Dionisio di Megara
  46. Callinico di Opo
  47. Pascasio di Aegium[17]
  48. Erasimo di Cibira
  49. Sergio di Emeria
  50. Giovanni di Neocesarea di Siria
  51. Talleleo di Isinda
  52. Cresconio di Zattara
  53. Anatolio di Sebaste[18]
  54. Nonno di Dausara
  55. Stefano di Balanea
  1. Vittore di Sinna
  2. Costantino di Mideo
  3. Macario di Primnesso
  4. Megas di Mero
  5. Genetlio di Dorileo
  6. Crescituro di Bossa[19]
  7. Niceta di Epifania
  8. Alessandro di Dionisiopoli
  9. Pelagio di Ezani
  10. Gerone di Anastasiopoli[20]
  11. Glauco di Alia
  12. Procopio di Antinoe
  13. Pietro di Domeziopoli
  14. Giovanni di Colonia
  15. Fronimo di Sinao
  16. Giovanni di Dorostoro
  17. Uranio di Tralle
  18. Giovanni di Cerasa
  19. Macedonio di Giustinianopoli di Bitinia
  20. Ecdizio di Tenos
  21. Eulogio di Danaba
  22. Teodoro di Corada
  23. Elpidoforo di Anastasiopoli di Caria
  24. Curione di Dadima
  25. Teodoro di Laodicea di Pisidia
  26. Silas di Tiberiopoli
  27. Diogene di Augustopoli[21]
  28. Teodoro di Ingila
  29. Giuliano di Zeugma
  30. Dorimene di Adraa
  31. Giovanni di Lero
  32. Teodoro di Gargara
  33. Teodoro di Comana
  34. Rufino di Sebastea
  35. Conone di Semnea
  36. Ciriaco di Case
  37. Sisinnio di Preneto
  38. Giuliano di Batne
  39. Anastasio di Raclea
  40. Teodoro di Portmo
  41. Paolo di Stettorio
  42. Stefano di Amasea
  43. Paolo di Adraso
  44. Evandro di Cnido
  45. Menas di Scarpanto
  46. Eleusio di Traianopoli di Rodope
  47. Sabazio di Arcadiopoli
  48. Stefano di Dara
  49. Stefano di Chersoneso
  50. Cipriano di Adrianothera
  51. Giovanni di Apamea di Pisidia
  52. Leonzio di Amadassa
  53. Teodoro di Bizia
  54. Paolo di Anchialo
  55. Conone di Adriani

Per completare l'elenco dei vescovi che presero parte al concilio, a questi 166 vescovi si devono aggiungere due vescovi che non risultano tra i firmatari delle decisioni dell'ultima sessione, ma che sono inseriti nelle liste di presenza delle diverse sedute conciliari, e cioè Foca di Stobi e Fermo di Tipasa.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (LA) DS 411.
  2. ^ Sententia Adversus Tria Capitula e Quattordici Anatematismi, in Conciliorum Oecumenicorum Decreta.
  3. ^ Sessione ottava del 2 giugno 553, canone 2 (Denzinger-Schönmetzer 422), dove viene usata l'espressione ἀειπάρθενος, aeipàrthenos, "sempre vergine".
  4. ^ J. Alberigo, Perikle-P.Joannou, C. Leonardi, P. Prodi e H. Jedin, Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Centro di Documentazione Istituto per le Scienze Religiose, Bologna 1962.
  5. ^ Le informazioni di questa sezione sono tratte da: Sylvain Destephen, Prosopographie chrétienne du Bas-Empire 3. Prosopographie du diocèse d'Asie (325-641), Paris 2008, pp. 42-44.
  6. ^ A titolo di esempio, il nome della sede del patriarca di Antiochia è stata trasmessa nella forma «Theopolitanae civitas». Chrysos, Die Bischofslisten des V. Ökumenischen Konzils, p. 25, nº 3.
  7. ^ Nella lista riportata da Johannes Straub nell’edizione critica degli Acta Conciliorum Oecumenicorum» vol. IV/1, è presente anche Diogene, portando il numero dei vescovi a 166. Invece in quella di Chrysos nel Die Bischofslisten des V. Ökumenischen Konzils, il suo nome è omesso.
  8. ^ Concilium universale Constantinopolitanum sub Iustiniano habitum, 1891, pp. 220-231. Anche: Chrysos, Die Bischofslisten des V. Ökumenischen Konzil, 1966, pp. 25-33.
  9. ^ a b c Rappresentante (vicem agens) del patriarca di Gerusalemme.
  10. ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Elia di Tessalonica.
  11. ^ Rappresentante (vicem agens) dell'arcivescovo Primoso di Cartagine.
  12. ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Doroteo di Ancira.
  13. ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Euprepio di Cizico.
  14. ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Palladio di Melitene.
  15. ^ Rappresentante (vicem agens) del metropolita Giovanni di Laodicea di Frigia.
  16. ^ Sia Straub che Chrysos attribuiscono questo vescovo alla sede di Mallo in Cilicia e non alla diocesi di Malo in Pisidia.
  17. ^ Sia Straub che Chrysos attribuiscono questo vescovo ad una sede Aegium in Acaia, Grecia; Le Quien invece lo inserisce tra i vescovi di Egee in Cilicia.
  18. ^ Straub e Chrysos attribuiscono questo vescovo alla diocesi di Sebaste di Palestina; Le Quien invece inserisce Anatolio sia nella cronotassi dei vescovi di Sebaste di Frigia sia in quella di Sebaste di Cilicia.
  19. ^ Gli atti riportano l'indicazione episcopus sanctae ecclesiae Bossae; l'editore tedesco Straub lo assegna alla diocesi di Bossa. Altri autori invece (Mesnage) lo assegnano alla diocesi di Boseta.
  20. ^ Questa sede si trovava nella Frigia Pacaziana, come riportato dalla sottoscrizione di Gerone: Hieron episcopus Anastasiopolitanorum civitatis Phrygiae Pacatianae provinciae.
  21. ^ Pur inserito nella lista delle presenze della seduta del 2 giugno, per motivi sconosciuti Diogene non poté sottoscrivere gli atti, che furono firmati al suo posto da Megas di Mero.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • J. Alberigo, Perikle-P.Joannou, C. Leonardi, P. Prodi e H. Jedin, Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Centro di documentazione Istituto per le scienze religiose, Bologna 1962.
  • H. Denzinger et A. Schoenmetzer Enchiridion Symbolorum, Herder, 1965.
  • A. Amato, Gesù il Signore, EDB, Bologna, 1991.
  • (DE) Evangelos Chrysos, Die Bischofslisten des V. Ökumenischen Konzils (553), Bonn 1966
  • (ELLADE) Concilium universale Constantinopolitanum sub Iustiniano habitum, edidit Johannes Straub, volumen primum, «Acta Conciliorum Oecumenicorum» vol. IV/1, Berolini 1971

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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