Sergardi (famiglia)

Sergardi
Partito di rosso e d'azzurro, a due martelli d'oro, decussati e attraversanti; il tutto abbassato sotto il capo d'Angiò Partito di rosso e d'azzurro, a due martelli d'oro, decussati e attraversanti; il tutto abbassato sotto il capo d'Angiò, il tutto abbassato sotto il capo dell'Impero[1]
Stato Repubblica di Siena
Granducato di Toscana
Stato pontificio
Regno delle Due Sicilie
Regno d'Italia
Titoli
FondatoreMartello
Data di fondazioneXIV secolo
EtniaItaliana

I Sergardi sono un’antica famiglia senese.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Originari di Montalcino, ove furono capitani e gonfalonieri, traggono il loro nome, da ser Gardo, notaio, cognomizzato successivamente in Sergardi. Furono ascritti al Monte del Popolo.

Esponenti[modifica | modifica wikitesto]

Busto del Sen. Tiberio Sergardi, Palazzo Fineschi Sergardi
Stemmi Sergardi

Il primo a risiedere nel Concistoro, Supremo Magistrato della Repubblica di Siena, fu Giovanni di ser Gardo (quest'ultimo, connestabile in Montalcino e vicario in più luoghi della repubblica) nel 1463.

Niccolò di Giovanni di ser Gardo, fu depositario di Biccherna nel 1494, console di Mercanzia nel 1496, e dei Regolatori nel 1497.

Mons. Filippo di Giovanni Sergardi, fu Abate di Strigonia in Ungheria (1494), Arcivescovo di Corinto. Fu inviato da Papa Alessandro VI come ambasciatore a Massimiliano I Imperatore.

Dai fratelli Giov. Francesco, Lodovico, Filippo, Francesco, Andrea, Achille, Leonardo e Girolamo, figli di Niccolò di Giovanni di ser Gardo, si creò una prima grande divisione dei rami della famiglia.

Mons. Filippo di Niccolò di Giovanni Sergardi, fu Protonotario apostolico, Prefetto del Fisco Pontificio con Leone X, Segretario de Brevi, Decano di Camera Apostolica. Commissionò a Raffaello La bella giardiniera, realizzata nel 1507, venduta poi a Francesco I di Francia, oggi al Louvre[2]

Achille di Niccolò di Giovanni, fu Capitano del Popolo [3].

Fr. Leonardo di Niccolò di Giovanni, fu Cavaliere di Rodi.

Girolamo di Niccolò di Giovanni, fu Capitano del Popolo, ambasciatore della Repubblica al Re di Francia e al Papa.

Nel XVI secolo, Carlo V, Sacro Romano Imperatore conferì il titolo di Conte palatino e Cavaliere Aurato a Niccolò di Achille (capitano del popolo) di Niccolò, che fu Ambasciatore della Repubblica, con insieme la concessione araldica del capo d’Impero. Niccolò risedé nel Concistoro nel 1525. Suo figlio Mons. Achille, sarà governatore di Ancona, Fano e Fermo e vescovo di Massa Marittima. Il bisnipote Achille, sarà Ammiraglio comandante la flotta dell’Ordine di Santo Stefano, Balì dello stesso Ordine e fratello di Alessandro (1596 - 1649), vescovo di Montalcino[4].

Mons. Lodovico Sergardi (1660 - 1726), figlio di Curzio ed Olimpia Biringucci [5], noto con lo pseudonimo di Quinto Settano, fu poeta famoso per le proprie satire.

Nel 1697 Lodovico di Curzio era avvocato Concistoriale.

Mons. Lattanzio Sergardi fu Cameriere d'Onore in abito paonazzo (1745), di S.S. Papa Benedetto XIV[6]. Fu Abate commendatario dell'Abbazia Ardenga nel 1748[7].

Orazio, noto giureconsulto, insegnò negli Studi di Siena e Macerata ed ebbe la cattedra Vespertina di Salerno.

Claudio di Fabio Sergardi, morì a Firenze il 12 Gennaio 1836 e fu sepolto nella Basilica di San Lorenzo. Fu Senatore e Sopraintendente generale al dipartimento delle RR. Possessioni e Direttore delle Regie Bandite e Foreste del Granducato. Fu Ciamberlano dell'I. e R. Corte Toscana, Cavaliere dell'Ordine di Santo Stefano P. & M. e Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di San Giuseppe.

Da Filippo del Conte Niccolò Sergardi, si arriverà nel XIX secolo a Tiberio (1816 - 1886), patriota italiano, senatore del Regno d’Italia. Sua figlia Maria Lavinia, ultima del proprio ramo, andrà in sposa al nobile Adolfo Fineschi, tenente generale del R.E. (da cui i discendenti Fineschi Sergardi).

Ramo Sergardi Bindi[modifica | modifica wikitesto]

Da Federigo del conte Niccolò Sergardi, si giungerà ad Ottavio che verrà adottato da Gerolamo Bindi, ultimo della sua nobile stirpe. Questi, sposato alla metà del secolo XVI con Calidonia Sergardi, non avendo eredi, decise di adottare il fratello di lei, creando la linea dei Sergardi Bindi. Giovanni Bindi Sergardi, nato a Siena il 13 Marzo 1772, fu Vescovo di Montalcino, il 20 Dicembre 1824[8].

Ramo Sergardi Biringucci[modifica | modifica wikitesto]

Stemma Sergardi Biringucci

Questo ramo discende da Giovan Francesco di Niccolò di Giovanni di ser Gardo. Nel 1727 con la morte di Marcello Biringucci, venendosi ad estinguere la sua famiglia, Fabio Sergardi, ne raccolse l'eredità, assumendone il cognome, creando la linea Sergardi Biringucci. A questa linea genealogica, appartiene il Sen. Claudio di Fabio Sergardi ed il di lui fratello Lattanzio, Tenente Generale al servizio del Re Ferdinando I delle Due Sicilie, a Napoli. Re Umberto I, riconoscendo la signoria della famiglia sul Castello di Montepò in Maremma, sin dal XV secolo, insignì questo ramo del titolo di Barone.[9] Il Barone Fabio Sergardi Biringucci, fu Capitano vittorioso per la Contrada Sovrana dell'Istrice, nel 1935 e 1961.

Ramo di Napoli[modifica | modifica wikitesto]

Nel secolo XVIII, Lattanzio di Fabio Sergardi (1758 - 1844[10]), andò a Napoli per servire militarmente la real casa di Borbone e, ufficiale di Cavalleria, raggiunse il grado di Tenente generale, decorato della gran croce dell’Ordine di San Giorgio della Riunione[11]. Da Maresciallo di Campo, fu comandante della piazza di Napoli[12] (1817) e Governatore di Siracusa. Il figlio Fabio (n. 1806 a Napoli), ufficiale di Cavalleria, generale di brigata, comandò due reggimenti di Lancieri sul Volturno. Venne decorato personalmente da Re Francesco II con la croce dell'Ordine di San Ferdinando (subì successivamente un processo, per appoggio al Brigantaggio ed attività sovversive, contro il neo Regno d'Italia[13]). Il nipote Giorgio (n. 1839 a Napoli), Alfiere, fu decorato della croce dell’Ordine di San Giorgio, perché, spiegò la più lodevole operosità e perizia, disprezzando ogni pericolo, presente all'assedio di Gaeta del 1860.[14]

Nobiltà[modifica | modifica wikitesto]

Con l’avvento della dinastia lorenese, succeduta a quella medicea e la legge del 31 luglio 1750, i Sergardi furono riconosciuti (1753) nel titolo di Patrizi di Siena. Tale legge veniva a codificare la Nobiltà, che i nuovi amministratori lorenesi, trovarono in Toscana in uno stato non ordinato e sicuramente troppo liberale, rispetto ai canoni delle monarchie del nord Europa. D'altra parte, la maggior parte delle famiglie nobili toscane, era di nobiltà civica, non feudale, ovvero era tale per aver avuto accesso nel secoli (attraverso le borse), alle magistrature civiche. Il conte di Richecourt da Firenze, al Granduca Francesco Stefano di Lorena, scriveva: il y ait rien precisement qui aujourd'huy distingue le noble du citadin, ce qui est excellent dans une republique et ruisible dans une monarchie [15]. Con la nuova legge, il sistema fu irrigidito, la Nobiltà venne resa distante dal resto della società e reso maggiormente difficile l'ingresso, in quanto dipendente da motu proprio del sovrano.

La famiglia è stata ricevuta nei secoli, con più esponenti, nell'Ordine di Santo Stefano e nell'Ordine di Malta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Stemmi Sergardi, su archiviodistatofirenze.cultura.gov.it. URL consultato il 17 Aprile 2024.
  2. ^ Giuseppe Sgarzini, Raffaello, ATS Italia Editrice, 2006.
  3. ^ il Capitano del Popolo è colui che presiedeva il Concistoro, massimo organo di governo della Repubblica
  4. ^ Stemma Vescovo Alessandro Sergardi 1642, su catalogo.beniculturali.it. URL consultato il 17 Aprile 2024.
  5. ^ pronipote di Giov. Francesco di Niccolò di Giovanni di Ser Gardo
  6. ^ Notizie per l'Anno 1745 dedicate all'Em̃o, e Rm̃o Principe il Cardinale Girolamo Colonna, Roma, Stamperia del Chracas, 1745.
  7. ^ Bullettino Senese di Storia Patria - vol.57, Siena, Accademia Senese degli Intronati, 1951.
  8. ^ Stemma Vescovo Giovanni Bindi Sergardi, su catalogo.beniculturali.it. URL consultato il 17 Aprile 2024.
  9. ^ Gennaio - Aprile 1964, Istituto Poligrafico dello Stato, Rassegna degli archivi di Stato, Volumi 24-25, pp. 59, 60.
  10. ^ Il Cattolico Giornale Religioso-Letterario, Lugano, Volume Ventesimosecondo Primo Semestre, presso Francesco Veladini e Comp., 1844.
  11. ^ Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie, Napoli, Stamperia Reale, 1840.
  12. ^ Mons. Luigi Del Pozzo, Cronaca Civile e Militare delle due Sicilie sotto la Dinastia Borbonica, Napoli, Stamperia Reale, 1857.
  13. ^ Commissione d'Inchiesta sul Brigantaggio Relazione letta alla Camera nel Comitato Segreto dei 3 e 4 maggio 1863 dal deputato Massari, 1863.
  14. ^ Massimo Cardillo, Onore al soldato napoletano, 2015.
  15. ^ dispaccio del conte di Richecourt al granduca, del 22 febbraio 1749 - Marcella Aglietti, LE TRE NOBILTÀ La Legislazione Nobiliare del Granducato di Toscana (1750) tra Magistrature Civiche, Ordine di Santo Stefano e Diplomi del Principe, Pisa, Edizioni ETS, 2000.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesco Galvani, Sommario Storico delle Famiglie Celebri Toscane compilato dal Conte Francesco Galvani e riveduto in parte dal Cav. Luigi Passerini, Firenze, Editore Ulisse Diligenti, 1864.
  • Mario Ascheri, I LIBRI DEI LEONI. La nobiltà di Siena in età medicea (1557–1737), Milano, Monte dei Paschi di Siena, 1996.
  • Storia delle famiglie illustri Italiane, Firenze, Ulisse Diligenti Editore, Volume 1.
  • Christoph Weber, Legati e Governatori dello Stato pontificio: 1550-1809, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Ufficio Centrale per i Beni Archivistici - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1994.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]