Carlo Salinari

Carlo Salinari con il presidente del PCI Luigi Longo nel 1976

Carlo Salinari (Montescaglioso, 17 novembre 1919Roma, 25 maggio 1977) è stato un partigiano e critico letterario italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Copertina di Tra politica e cultura di Carlo Salinari, Teti Editore, Milano 1980, recante un ritratto di Carlo Salinari ad opera di Renzo Vespignani. La copertina è opera di Max Huber.
Targa Commemorativa affissa sulla casa natia a Montescaglioso

L'attività nella Resistenza[modifica | modifica wikitesto]

Laureato in Lettere all'Università di Roma nel 1941, con il nome di battaglia Spartaco fu militante comunista e partecipò alla Resistenza romana nei Gruppi di Azione Patriottica (GAP), dirigendo una delle due reti dei GAP centrali che operavano nella città di Roma, a sua volta composta dai GAP "Antonio Gramsci" (comandante: Mario Fiorentini) e "Carlo Pisacane" (comandante: Rosario Bentivegna). Nel marzo 1944 fu tra gli organizzatori dell'attentato di via Rasella, eseguito da una dozzina di partigiani dei due gruppi sotto il suo comando[1][2].

Alla fine di aprile del 1944 Carlo Salinari fu catturato dai fascisti della banda Koch, a seguito di una delazione del gappista Guglielmo Blasi che, arrestato durante un furto, si era messo al servizio di Koch (oltre a Salinari, le delazioni di Blasi condussero alla cattura di Franco Calamandrei, Raul Falcioni, Duilio Grigioni, Luigi Pintor e Silvio Serra). Koch consegnò Salinari ai tedeschi il 25 maggio, ma probabilmente - e per ragioni mai chiarite - omise di avvertirli del ruolo che lo stesso Salinari aveva avuto nell'azione di via Rasella[3]. Salinari rimase prigioniero dei tedeschi in via Tasso fino alla liberazione di Roma. Per la sua attività partigiana egli fu decorato al valor militare con due medaglie d'argento.

Salinari (terzo da destra, accovacciato, in seconda fila) fra i gappisti romani

Suo fratello Giambattista fu anch'esso uno studioso di Lettere e un partigiano.

L'attività politica e letteraria[modifica | modifica wikitesto]

Salinari insegnò nelle Università di Palermo, di Cagliari dove fu anche preside del Magistero, di Milano, di Salerno e di Roma "La Sapienza", dove nel 1977 fu preside della Facoltà di Lettere. Responsabile della Sezione culturale del Partito comunista, nel 1954 fondò con Antonello Trombadori la rivista "Il Contemporaneo" e presto si allontanò dall'estetica crociana per avvicinarsi a quella marxista. Fu severamente critico nei confronti di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini[4], benché convinto assertore del neorealismo, e scrisse in proposito numerosi saggi e articoli che verranno in parte raccolti nei volumi La questione del realismo (1960) e Preludio e fine del realismo in Italia (1967).

Studioso del decadentismo, compì numerosi studi su D'Annunzio, Pascoli, Fogazzaro e Pirandello. Fra le sue numerose opere, si ricordano Miti e coscienza del decadentismo italiano (1960), Storia popolare della letteratura italiana (1962) e commenti al Decamerone di Boccaccio (1963), a Boccaccio, a Manzoni, a Pirandello.

È stato direttore de il Calendario del Popolo dal 1966 al 1977.

Omaggi[modifica | modifica wikitesto]

  • A Carlo Salinari è cointitolato l'Istituto Comprensivo di Montescaglioso, sua città natale.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Dopo l'armistizio si votava con decisione e con coraggio alla lotta di liberazione condotta in Roma contro l'invasore tedesco dimostrando di possedere doti di organizzatore, di animatore e di capo di eccezionale valore. Si distingueva in numerosi scontri all'interno della città, nell'esecuzione di atti di sabotaggio nei quartieri cittadini ed in azioni di attacco al traffico nemico sulle Via Appia, Casilina, Tuscolana e Prenestina.»
— Roma, settembre 1943-gennaio 1944
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Già precedentemente distintosi nella lotta di liberazione per capacità di capo e per valore di combattente, assumeva, dopo lo sbarco di Anzio, il comando di formazioni ardite costituite in Roma per attivare la lotta contro l'invasore tedesco, particolarmente nei quartieri periferici di Torpignattara, Quadraro, Centocelle, Quarticciolo. Riportava numerosi e segnalati successi, infliggendo serie perdite, imponendosi per decisione e per coraggio e venendo, successivamente, nominato comandante operativo dei Gap centrali del Lazio. Caduto in mani tedesche e barbaramente interrogato, manteneva fiero ed esemplare contegno, nulla rivelando. Condannato a morte si salvava con la liberazione della città.»
— Roma, febbraio 1944-4 giugno 1944

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Carlo Salinari, L'attacco ai tedeschi nel cuore della città (PDF), in l'Unità, 23 marzo 1974. URL consultato il 20 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  2. ^ Intervista a Rosario Bentivegna.
  3. ^ Secondo lo storico Gabriele Ranzato, il silenzio di Koch con i tedeschi è privo di spiegazioni esaurienti. Ranzato comunque esclude la possibilità di «un qualche patto di scambio» fra i comunisti e Pietro Koch, e scrive che «non è neppure molto credibile che egli potesse aver stretto un accordo più circoscritto con il PC romano, riguardante, vista l'imminenza della conquista alleata di Roma, la sua possibilità di lasciare la città indisturbato con la sua banda in cambio della salvezza dei gappisti suoi prigionieri». Sempre secondo Ranzato, una «pura ipotesi, che può presentare qualche consistenza solo per analogia, è che il silenzio di Koch sia stato comprato. È provato infatti che molti uomini della sua banda furono rapaci predatori e ricattatori, e anche lui stesso dovette ricavare somme consistenti da estorsioni e malversazioni». Cfr. Ranzato 2019, capitolo IX.
  4. ^ P. Friedrich, Pier Paolo Pasolini, Twayne, Boston, 1982, pag. 14

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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