Mario Magri

Mario Magri
Soprannome"Capitano Magro"
NascitaArezzo, 17 aprile 1897
MorteRoma, 24 marzo 1944
Cause della morteColpo di pistola alla nuca
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armata Regio Esercito
ArmaArtiglieria
CorpoBombardieri
Reparto15º Gruppo bombarde
Anni di servizio1915-1944
GradoCapitano
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra del Rif
Seconda guerra mondiale
CampagneImpresa di Fiume
Decorazionivedi qui
Pubblicazionivedi qui
dati tratti da 23 marzo 1944, I Caduti toscani alle fosse Ardeatine, Appunti su undici eroi[1]
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Mario Magri (Arezzo, 17 aprile 1897Roma, 24 marzo 1944) è stato un militare e partigiano italiano, veterano della prima guerra mondiale. Nel 1919 partecipò all'impresa di Fiume al seguito di Gabriele D'Annunzio, di cui divenne aiutante di campo; al termine dell'avventura fiumana andò in Marocco a combattere al fianco di Abd el-Krim contro gli spagnoli. Rientrato in Patria dopo il delitto Matteotti divenne antifascista; per questo trascorse 17 anni al confino in varie località italiane, e passò trentasei mesi in carcere. Dopo la caduta del fascismo e l'armistizio con gli Alleati, riuscì a raggiungere Roma entrando nelle file dell'Unione Nazionale della Democrazia Italiana (UNDI). Catturato dai nazifascisti, fu ucciso nell'eccidio delle Fosse Ardeatine, eseguito in rappresaglia per l'attentato di via Rasella. Fu decorato di una Medaglia d'argento, due di bronzo al valor militare e della Croce al merito di guerra.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Lapide commemorativa dell'eccidio delle Fosse Ardeatine.

Nacque ad Arezzo il 17 aprile 1897,[2] in una famiglia di tradizioni risorgimentali, figlio di Ugo e di Adele Mini. Nella città natale frequentò le scuole elementari, le medie e quindi il Liceo classico "Francesco Petrarca".[2]

All'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, si arruolò volontario nel Regio Esercito, venendo assegnato all'arma di artiglieria. Si distinse particolarmente nel corso del conflitto, dove fu ferito due volte, raggiungendo il grado di capitano e venendo decorato con due Medaglie di bronzo al valor militare e tre Croci al merito di guerra.[3]

Nel 1919 seguì come legionario Gabriele D'Annunzio nell'impresa di Fiume, divenendone aiutante di campo e comandante[N 1] dell'Ufficio Colpi di Mano (UCM).[4] Personalità di spicco della Reggenza italiana del Carnaro, lo stesso D'Annunzio lo decorò con la Medaglia d'oro di Fiume. Al termine dell'impresa di Fiume si trasferì in Marocco, dove sotto la guida di Abd el-Krim si era costituita la Repubblica del Rif. Divenuto comandante dell'artiglieria, nel 1921 prese parte alla battaglia di Annoual dove i marocchini sconfissero pesantemente l'esercito spagnolo al comando del generale Manuel Fernández Silvestre y Pantiga. Dopo la caduta della repubblica berbera sotto l'attacco congiunto franco-spagnolo, andò dapprima in Francia e poi rientrò in patria subito dopo il delitto Matteotti.[3] Prese subito la distanze dal regime fascista, recandosi in visita più volte da D'Annunzio nel tentativo di convincerlo a opporsi apertamente a Benito Mussolini.[1]

Nel novembre 1926 fu arrestato in quanto considerato pericoloso dal regime fascista; per questo, senza alcun processo presso il Tribunale Speciale,[1] venne condannato al confino dove rimase ininterrottamente per 17 anni,[3] soggiornando dapprima a Lipari, poi via via a Ponza, alle Tremiti a Cirò, a Petronà e a Pescopagano.[2] Riuscì a evadere due volte, nel 1927 e nel 1929, ma venne sempre ricatturato, scontando per questo complessivamente trentasei mesi di carcere.[3] Mentre era a Ponza conobbe Rita Parisi, che sposò.[3]

Alla caduta del regime fascista, avvenuta il 25 luglio 1943, venne liberato. Dopo l'armistizio dell'8 settembre, riuscì a rientrare clandestinamente a Roma deciso ad aderire alla Resistenza, fondando l'Unione Nazionale della Democrazia Italiana, in cui ricoprì il ruolo di comandante militare.[3] Il 26 gennaio 1944, a seguito di una delazione, venne catturato dalla polizia fascista e successivamente consegnato alle SS e rinchiuso nella cella n.1[N 2] del carcere di via Tasso.[3] Dopo l'attentato di via Rasella, come rappresaglia, il 24 marzo 1944 fu prelevato dalla sua cella e trasportato alle Fosse Ardeatine dove fu assassinato.[2] L'ANFIM lo indica come appartenente al Fronte militare clandestino[5] o al Partito d'Azione.[6] Fu membro della Massoneria[7].

Nel dopoguerra fu insignito di Medaglia d'argento al valor militare alla memoria.[3]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Appartenente al fronte delle resistenza si prodigava senza sosta, durante la lotta clandestina contro l'oppressore, nel portare brillantemente a termine le numerose azioni di guerra affidategli. Incurante dei rischi cui si esponeva, svolgeva intensa opera di propaganda contro il nemico trasfondendo ai compagni di lotta il suo coraggio ed il suo entusiasmo. Catturato, sopportava stoicamente le barbare torture inflittegli durante la lunga detenzione, senza nulla rivelare della organizzazione cui apparteneva. Alle Fosse Ardeatine affrontava serenamente l'estremo sacrificio suggellando con l'olocausto della vita la sua dedizione alla Patria e alla causa della libertà. Roma, 9 settembre 1943-24 marzo 1944
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Incaricato della preparazione e del funzionamento di una vasta rete telefonica durante un violento combattimento, sebbene contuso e ferito, compiva il proprio mandato, dimostrando singolare fermezza, abilità e ardimento. Sostituiva temporaneamente nel comando di una sezione un ufficiale caduto. Monte Pasubio, 10 ottobre 1916
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Sotto l'incessante tiro di grossi calibri nemici, riattivava la linea telefonica interrotta e provvedeva a far estrarre i militari travolti dalle macerie nemiche ed a soccorrerli. Castagnevizza, 12 maggio 1917

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Una vita per la libertà. Diciassette anni di confino politico di un martire delle Fosse Ardeatine, Editore Ludovico Puglielli, Roma, 1956.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nel suo libro sulle gesta degli “Uscocchi” Tom Antongini ricorda i legionari incaricati di reperire rifornimenti e generi di prima necessità per la città assediata, mediante colpi di mano ed azioni molto rischiose al limite della pirateria.
  2. ^ Assieme ad altri detenuti tra cui Carlo Zaccagnini, don Pietro Pappagallo e il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, capo del Fronte militare clandestino.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Biscarini 2015, pp. 72-75.
  2. ^ a b c d Corriere di Arezzo.
  3. ^ a b c d e f g h Mino Renzaglia.
  4. ^ Antongini 1951, p. 3.
  5. ^ Elenco delle vittime sul sito ANFIM.
  6. ^ Scheda di Mario Magri su mausoleofosseardeatine.it.
  7. ^ "I martiri delle Ardeatine. Omaggio alle memoria delle 335 vittime dell’eccidio nazista. Tra loro ricordiamo anche i 21 fratelli trucidati nelle cave alla periferia di Roma, eroi della libertà", Erasmo, 3 marzo 2021, p. 21.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Tom Antongini, Gli allegri filibustieri di D’Annunzio, Milano, Aldo Martello Editore, 1951.
  • Claudio Biscarini, 23 marzo 1944, I Caduti toscani alle fosse Ardeatine, Appunti su undici eroi, Arcidosso, Effigi, 2015.
  • Enzo Gradassi, Il Capitano Magro. L’avventura di un giovane aretino da Fiume alle Fosse Ardeatine, Arezzo, Fuorionda Editore, 2015.
  • Pier Luigi Vercesi, Fiume. L’avventura che cambiò l’Italia, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2017.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN313489019 · WorldCat Identities (ENlccn-n2015006259