Giovanni Frignani

Giovanni Frignani
NascitaRavenna, 8 aprile 1897
MorteRoma, 24 marzo 1944
Cause della morteassassinato alle Fosse Ardeatine
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
Carabinieri
CorpoBersaglieri
Fronte Militare Clandestino
UnitàFronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri
GradoTenente colonnello
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia del solstizio
Resistenza romana
Decorazioniqui
Studi militariRegia Accademia Militare di Modena
dati tratti da Combattenti Liberazione[1]
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Giovanni Frignani (Ravenna, 8 aprile 1897Roma, 24 marzo 1944) è stato un ufficiale e partigiano italiano, decorato di medaglia d'oro al valor militare alla memoria durante il corso della seconda guerra mondiale. È uno dei martiri dell'Eccidio delle Fosse Ardeatine.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Ravenna l'8 aprile 1897, figlio di Angelo e di Gemma Salini. Suo fratello Giuseppe fu parlamentare fascista[2]. Con l'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, si arruolò volontario nel Regio Esercito in forza al LII Battaglione del Corpo Nazionale Volontari Ciclisti.[1] L'anno successivo venne ammesso a frequentare il corso allievi ufficiali presso la Regia Accademia Militare di Modena, da cui uscì con il grado di sottotenente in servizio permanente effettivo nel 28º Reggimento fanteria della Brigata Pavia. Promosso tenente, nel giugno 1918 si distinse sul Piave durante il corso della battaglia del solstizio.[1]

Nel novembre 1919 fu trasferito in forza all'Arma dei carabinieri. Nel 1929 venne promosso capitano e nominato capo del servizio informazioni del Corpo d'armata. Maggiore nel 1929, divenne tenente colonnello nel 1942 in piena seconda guerra mondiale, eseguendo delicati incarichi di controspionaggio. Nel giugno 1943 informò Mussolini di essere entrato in possesso di un documento segreto tedesco da cui risultava che Hitler considerava l'Italia zona di occupazione; Mussolini ordinò il suo trasferimento in Francia, ma tuttavia il provvedimento non fu eseguito.[1] Il 25 luglio 1943, dopo il voto negativo del Gran Consiglio del Fascismo, come Comandante del gruppo interno dei C.C. di Roma curò l'arresto dello stesso Mussolini, all'uscita da Villa Savoia, su ordine del re Vittorio Emanuele III.[1]

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 si dedicò all'organizzazione del Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri, sotto la guida del generale Caruso e in collegamento col colonnello Giuseppe di Montezemolo. Il 23 gennaio 1944 fu arrestato dalla polizia tedesca, assieme al maggiore Ugo de Carolis e al capitano Raffaele Aversa, in seguito a delazione, e venne rinchiuso nel carcere delle SS di via Tasso.[1] Fu rinchiuso nella cella nº 2, in compagnia del generale della Regia Aeronautica Sabato Martelli Castaldi. Venne arrestata, e condotta a via Tasso, anche la moglie Lina, la quale fu più volte costretta ad assistere alle sevizie del marito ad opera delle SS tedesche. Fu assassinato nell'eccidio delle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.[1]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ufficiale superiore dei carabinieri riuniva attorno a sé numerosi carabinieri sottrattisi alla cattura dei nazifascisti, organizzandoli, assistendoli moralmente e materialmente, inquadrandoli e facendone un organismo omogeneo, saldo, pronto ad ogni prova. Arrestato sopportava per due mesi, nelle prigioni di via Tasso, torture e sofferenze per non tradire la sua fede di patriota ed il suo onore di soldato con rivelazioni sull'organizzazione militare clandestina. Martoriato, con lo spirito fieramente drizzato contro i nemici della Patria piegava il corpo solo sotto la mitraglia del plotone di esecuzione. Fronte Militare della Resistenza - Fosse Ardeatine, settembre 1943-24 marzo 1944.[3]»
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Quando più si accaniva la mischia e dove maggiore era il pericolo, sempre alla testa dei suoi soldati li incitava, con la parola e con l'esempio, ad avanzare e a resistere, dando prova di grande coraggio, di calma e di serenità di spirito, conducendogli al raggiungimento degli obiettivi fissatigli. Fagarè di Piave, 17-20 giugno 1918

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]


Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Combattenti Liberazione.
  2. ^ Nicola De Ianni, Giovanni Frignani, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 50, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1998..
  3. ^ Sito web del Quirinale

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando. 8 settembre 1943, Bologna, il Mulino, 2003, ISBN 978-88-15-11322-1.
  • Mario Avagliano, Enrico Nistri e Marco Rossi, Il partigiano Montezemolo. Storia del capo della resistenza militare nell'Italia occupata, Milano, Baldini & Castoldi s.r.l., 2014, ISBN 88-6865-424-5.
  • Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Torino, Einaudi, 1964.
  • Alessandro Portelli, L'ordine è già stato eseguito: Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Roma, Donzelli editore, 1999, ISBN 88-7989-457-9.
  • Mario Ragionieri, Enrico Nistri e Marco Rossi, 25 luglio 1943: il suicidio inconsapevole di un regime, Roma, Ibiskos Editore, 2007, ISBN 88-546-0152-7.
Periodici
  • Carlo Maria Magnani, Le fosse ardeatine, in Il Nastro Azzurro, n. 4, Roma, Istituto del Nastro Azzurro, luglio-agosto 2013, pp. 8-9.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN260754969 · ISNI (EN0000 0003 8150 5926 · BAV 495/327256