Libertinismo

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Con il termine libertinismo si indicano comunemente tre fenomeni distinti:

  1. Libertinismo spirituale: un movimento settario interno al cristianesimo, con riferimenti a Gioacchino da Fiore, presente alle origini e durante la Riforma, che sosteneva che ai salvati è impossibile peccare e che dunque ogni comportamento è lecito. Calvino sferzò con questo epiteto ingiurioso gli anabattisti.[1]
  2. Libertinismo filosofico o libertinage érudit: un movimento filosofico, caratterizzato dalla riscoperta del pensiero dello Scetticismo greco (pirronismo) e da una rivalutazione del pensiero di Epicuro, che specula unicamente su basi razionali rifiutando qualsiasi tipo di Rivelazione, e quindi rifiuta qualsiasi morale che anziché sulla Ragione e sulla "Legge di Natura" si basi su precetti rivelati di qualsiasi tipo.
  3. Libertinismo sessuale: la caratterizzazione polemica da parte degli avversari del Libertinismo, cioè in genere di tutte le confessioni religiose, fu quella di descrivere il libertinismo come una teoria nata per giustificare le perversioni sessuali e l'immoralità.[2]

Questa critica ebbe un buon successo, come dimostra il fatto che nel linguaggio corrente "libertino" oggi è usato prevalentemente con quest'ultimo significato. Questa "controffensiva" fu peraltro capace di dar vita a personaggi artistici di grande rilievo, come per esempio il Don Giovanni. Tipici esponenti furono Giacomo Casanova e il Marchese de Sade. Anche nell'uso comune la parola libertino è rimasta ad indicare un "donnaiolo" o una persona dai comportamenti trasgressivi.

Evoluzione storica[modifica | modifica wikitesto]

Precursori del libertinismo possono essere considerate le correnti filosofiche di cirenaici, epicurei e gnostici carpocraziani.

Il libertinismo filosofico propriamente detto ebbe tre fasi distinte:

Il termine "libertinismo" fu usato principalmente dagli avversari: infatti i diretti interessati o non si riconobbero come "scuola di pensiero" a sé, o usarono termini più generici come "esprits forts" ("spiriti forti", contrapposti agli "spiriti deboli" di coloro a cui la superstizione era necessaria per vivere) o, nel XVIII secolo, "libero pensiero" e "libero pensatore". Tuttavia alla fine della parabola del libertinismo,[9] in alcuni casi, specialmente in quello di Sade, il termine viene assunto orgogliosamente come blasone:

«Sì, sono un libertino, lo riconosco: ho concepito tutto ciò che si può concepire in questo ambito, ma non ho certamente fatto tutto ciò che ho concepito e non lo farò certamente mai. Sono un libertino, ma non sono un criminale né un assassino.[10]»

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Prima pagina manoscritta del De tribus impostoribus di J. J. Müller

L'origine della parola è antica: risale alle sette del "libero spirito" nate nel XIII secolo in Italia, Francia e Germania.
Il termine libertino deriva dall'aggettivo latino libertinus, che a sua volta deriva dal sostantivo libertus, cioè "liberto", che presso i Romani significava "liberato dalla schiavitù"[11][12]

Il libertinus in età repubblicana indicava il figlio dello schiavo affrancato ma durante l'Impero i due termini coincidono. In particolare il diritto romano chiama ingenuus il figlio degli uomini liberi e libertinus il figlio dello schiavo liberato che pur essendo di condizione libera come l'ingenuus, veniva distinto per classe poiché la sua libertà era un'acquisizione recente e quindi sospetta e poco affidabile.[13]

Il libertinismo religioso[modifica | modifica wikitesto]

Medioevo[modifica | modifica wikitesto]

In origine, dalla presunta profezia, tratta da Gioacchino da Fiore, dell'avvento di un'età aurea dello Spirito, queste sette traevano la credenza in una sorta di panteismo e consideravano lecito praticare una libertà di costumi, specie di quelli sessuali. La vita dell'uomo infatti è strettamente naturale e nella natura è la perfezione divina. Gli istinti non vanno frenati e non esiste peccato se ci si comporta seguendo le spinte naturali del piacere fisico.[14]

Rinascimento[modifica | modifica wikitesto]

L'idea del libertinismo sviluppatasi in Italia grazie a figure del Rinascimento come Girolamo Cardano, Paracelso e Niccolò Machiavelli[15] (e più avanti grazie a Pierre Gassendi), si basava:

Gli storici Jérémie Barthas e Luca Addante[16] hanno dimostrato come l'origine del termine in questo senso appaia in Italia nel primo Cinquecento, indicando inizialmente il partito "ultra-democratico" di Siena, sensibile alla predicazione di Juan de Valdés, che in alcuni individui (come Giulio Basalù) portò infine ad esiti pienamente "libertini", appunto.
Il termine è poi attestato con certezza nel 1525 circa per denominare quella che è definita come una "setta", a Lilla e a Parigi, diffusasi con la protezione dalla stessa sorella del re Francesco I: Margherita d'Angoulême.[17]

Anche nella cupa e severa Ginevra comparvero i libertini, fortemente combattuti da Calvino con gli scritti e con il rogo.[18]

Nei libertini di questo periodo sono evidenti i riflessi culturali del Rinascimento esaltante la naturalità dell'uomo con in più un'interpretazione teologica della redenzione di Cristo che ha portato secondo loro ad un rinnovamento non solo dello Spirito ma anche del corpo dell'uomo. Con la redenzione del corpo di Cristo è stata restituita all'uomo anche la purezza della carne come ai tempi biblici dell'Eden di Adamo. Per questo ogni desiderio naturale non va represso moralisticamente ma soddisfatto per volontà di Cristo redentore.[19]

Sempre in età rinascimentale il termine libertino era usato per denigrare sette religiose come quella dell'olandese David Joris accusato di praticare una presunta "anarchia morale" rifacendosi ad un'interpretazione di San Paolo della "nuova alleanza" che si contrapponeva alla legge mosaica sostituendovi l'amore e la grazia.[20]

XVII secolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel Seicento i nemici di questa corrente di pensiero non usano più il termine libertino per indicare genericamente i sostenitori di costumi riprovevoli giustificati da motivazioni religiose, ma genericamente coloro che si sono allontanati dalla "vera fede" e che sono caduti nella "dissolutezza" morale.

Non sempre il termine veniva interpretato negativamente ma poteva anche significare "esprit fort", uno spirito forte[21]: una mente che tendeva all'estremizzazione ma convinta delle sue posizioni.

Adamo, la purezza del corpo.Dettaglio da "Adamo ed Eva" (1507) di Albrecht Dürer

Il termine libertino stava quindi ad indicare tre significati sia nel linguaggio comune che tra i filosofi:

  • il libertino era un depravato;
  • un ateo dedito solo ai piaceri del corpo;
  • un filosofo scettico.

Una di queste definizioni non escludeva l'altra, anzi autori cristiani sostenevano come un comportamento licenzioso spesso portasse all'abbandono della fede e viceversa come un atteggiamento di critica o incredulità nei confronti della Chiesa fosse causa di depravazione morale.

Questa caratterizzazione è stata creata per nascondere l'esistenza del ben più consistente fenomeno filosofico del "libertinage erudit" (libertinaggio erudito)[22] proprio di personaggi intellettualmente di rilievo, che avrebbe avuto grande importanza per lo sviluppo del Pensiero occidentale.

Cattolici e protestanti sostenevano che la decadenza della morale e in particolare la sessualità senza regole era l'effetto della mancanza di fede.

La licenziosità morale veniva in genere riportata al naturalismo metafisico rinascimentale come già si è detto, ma in particolare i cattolici accusavano la teoria della predestinazione calvinista come causa del comportamento libertino. Infatti, essi dicevano, se la salvezza o la dannazione dell'uomo dipendono dalla predestinazione divina che già ha deciso del destino ultraterreno allora nulla servirà e varrà il comportamento dell'uomo per modificare quanto già fissato; tanto vale peccare fortemente ("pecca fortiter") come diceva Lutero[23], perché solo chi cade nel fondo dell'abisso del peccato può far rinascere la sua fede per risalire alla salvezza.

Ma invero anche la teoria della "facile devozione" dei gesuiti[24], antitetica a quella calvinista, poteva portare alla stessa conclusione. Ne troviamo un chiaro esempio nel quietismo italiano a proposito del processo di Miguel de Molinos condannato dal Sant'Uffizio nel 1682: sosteneva l'eretico de Molino che se è vero che il nostro corpo da Adamo in poi è definitivamente preda del demonio, se misticamente e asceticamente liberiamo la nostra anima dalla carne allora nulla importerà se questa finirà di corrompersi con i piaceri terreni. L'anima rifugiatasi nella contemplazione sarà ormai salva.

Si è sempre voluto sostenere un nesso tra libertinismo filosofico e quello morale per cui si attribuiva al primo la causa del secondo[25] e talora gli avversari della dottrina in questione usavano questa pretesa conseguenza morale per discreditarla.[26] In realtà questo nesso causale non era nelle intenzioni di chi in origine aveva formulato quella dottrina ma piuttosto la si prendeva a pretesto per giustificare certi disinvolti comportamenti indirizzati al godimento edonistico dei piaceri carnali come quelli sessuali.

Il libertinismo religioso nella Francia del '600[modifica | modifica wikitesto]

In effetti questa concezione collegata alla religione era largamente diffusa nel libertinismo del Seicento che associava all'indifferenza religiosa il nichilismo morale: era questo un libertinismo popolare diffuso in Francia sia tra i nobili che tra i borghesi che lo praticavano non motivati da anticlericalismo ma piuttosto per generica indifferenza ai precetti della Chiesa.

I progressi della scienza ma soprattutto il disgusto per gli orrori di cui si erano macchiati sia i cattolici che i protestanti nelle fanatiche guerre di religione, allontanavano sempre di più dalla fede gli spiriti moderati e pacifici.

Naturalmente i libertini si opponevano ai tentativi d'ingerenza della Chiesa romana nel regno di Francia e questo può spiegare il fatto che essi vennero in genere tollerati e non subirono persecuzioni in uno Stato, sostanzialmente laico, che applicava molto blandamente le leggi che punivano le offese alla religione come la bestemmia e l'ateismo.

Si diffondono in questo periodo in Francia testi d'intellettuali e letterati libertini che affermano di non credere tanto alla filosofia o alla scienza quanto al buon senso, che ci fa apprezzare le gioie della vita: essi si proclamano credenti ma lasciano ai teologi le questioni di fede che per loro rimangono misteri e che non ritengono debbano essere chiariti alla luce di una ragione debole e insufficiente. Del resto questi stessi motivi si erano presentati sia nei mistici medioevali che nella Riforma che condannava duramente i tentativi della miserabile logica umana di penetrare le verità di fede.

Al contrario vi sono quelli che con stringenti argomentazioni razionali tratte dallo scetticismo concludono che l'unica verità è nella Rivelazione ma essi non hanno nessun interesse per le verità religiose per cui le affermazioni di fede dei libertini sembrano essere più che altro strumenti per evitare persecuzioni e tribolazioni.

Il mondo dei libertini è molto variegato: tra di loro vi sono atei convinti come Cyrano de Bergerac che s'ispira alla filosofia di Tommaso Campanella da lui frequentato a Parigi, o quelli come Pierre Gassendi che credevano in Dio e nella vita eterna ma non si interessavano delle dispute teologiche.

Libertini furono nel 600 filosofi (tra questi l'italiano Giulio Cesare Vanini finito sul rogo a Tolosa), letterati, magistrati, uomini politici che agendo in segreto o in ristretti circoli aristocratici, con pubblicazioni anonime e clandestine cercarono d'influenzare il potere politico rimanendo nascosti alla pubblica opinione.[28]

Il libertinismo filosofico[modifica | modifica wikitesto]

Il libertinismo filosofico erudito, che viene considerato come un periodo di congiunzione tra l'età rinascimentale e l'illuminismo, può essere inteso come il complesso delle dottrine degli "spiriti forti" o "liberi pensatori" del Seicento che, in Italia[29] Francia, Paesi Bassi e Germania, avanzavano un pensiero spregiudicato, spesso condannato dalle Chiese.

Il pensiero libertino tuttavia non è una dottrina organica, ma si distingue per alcuni temi centrali ricorrenti:

  • la negazione dei miracoli e dell'immortalità dell'anima;
  • la critica delle religioni nate dalla paura dell'uomo e strumento di potere politico;
  • il materialismo e l'atomismo come spiegazione del mondo;
  • la dottrina etica della doppia verità (cioè libertà spirituale ed insieme obbedienza alla morale sociale).[30]

Pierre Bayle[modifica | modifica wikitesto]

Pierre Bayle

Pierre Bayle (1647-1706) sostiene un deciso scetticismo tanto che, sia coloro che lo contestavano, che i suoi discepoli, considerarono ipocrite le sue professioni di credente. In realtà egli di fronte al dilagante razionalismo illuministico credette bene di rifugiarsi in quella che definiva la "religione del cuore".

La sua era una tipica posizione libertina che scetticamente contestava ogni tipo di giustificazione razionale delle verità cristiane e nello stesso tempo dichiarava in buona fede, sia pure superficialmente, la sua fede cristiana. Questo non bastò a persuadere i suoi contemporanei che lo giudicarono sempre uno scettico anticristiano, sebbene egli sostenesse che anche un ateo può avere una profonda vita morale e citava in primo luogo Spinoza.

Così, nonostante la sua sincera buona fede, non gli si credette, e dopo di lui, specie nel Settecento, il termine "libertino" venne definitivamente assimilato a quello di "depravato".

Pierre Gassendi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Pierre Gassendi.
Pierre Gassendi

L'abate Pierre Gassend detto Gassendi (1592–1655) fu sempre considerato durante tutta la sua vita un buon sacerdote, rispettoso della ortodossia cattolica e scrupoloso nei suoi doveri spirituali, tanto che venne apprezzato persino dalla Compagnia di Gesù; era nello stesso tempo buon amico dei filosofi libertini del suo tempo.[31]

Nelle Exercitationes paradoxicae adversus Aristoteleos (1624) egli inizia a configurare il suo pensiero filosofico con una critica distruttiva alla filosofia aristotelica ma in effetti, dichiarava lui stesso, la sua era una contestazione diretta alla metafisica in quanto tale che pretende di attingere verità assolute quando la conoscenza dell'uomo è inevitabilmente relativa. Lo stesso scetticismo egli esprimeva anche per le verità scientifiche e, sebbene egli sia stato il più grande divulgatore delle scoperte astronomiche di Galilei, egli in effetti non aveva colto il sottofondo matematico delle scoperte galileiane e pensava invece che la fisica non fosse altro che una semplice constatazione di fatti naturali.

La fama di Gassendi nel Seicento si dovette soprattutto alla sua opera di autenticazione e di difesa del pensiero di Epicuro, falsificato da incrostazioni cristiane. Da questa base materialista egli quindi elaborò la sua dottrina fondata sulla pura e semplice conoscenza sensoriale, che non potrà mai andare oltre i fenomeni per attingere la metafisica cosa in sé. Nessuna verità religiosa potrà essere sostenuta con argomentazioni razionali. I convincimenti metafisici e morali degli uomini variano a seconda delle situazioni storiche, delle società, delle zone geografiche.[32]

Era la stessa constatazione finale di Cartesio che insoddisfatto della cultura astratta ricevuta al rinomato collegio gesuita de La Fleche, era andato alla ricerca nel "gran libro del mondo" di principi universali tali da risolvere i problemi pratici dell'esistenza. Ma mentre Cartesio crede di trovare queste norme universali di comportamento nella scoperta nella sua stessa ragione delle regole del metodo che portano a verità assolute, Gassendi nega che possano esistere verità razionali definitive: solo la Rivelazione, per chi crede, può soddisfare l'ansia di certezze dell'uomo.

Il libertinismo radicale[modifica | modifica wikitesto]

Le tesi più estreme dei libertini le troviamo nella teoria medievale dei "tre impostori": l'imperatore Federico II al concilio di Lione era stato accusato di aver scritto con la collaborazione del suo ministro Pier delle Vigne che: «Il mondo intero è stato ingannato da tre impostori, Gesù Cristo, Mosè e Maometto, due dei quali sono morti nell'onore, mentre Gesù è morto in croce»[33]

Questa visione delle tre religioni verrà riproposta espressamente in opere come Theophrastus Redivivus (1659) e il De tribus impostoribus (Trattato dei tre impostori) che fu pubblicato all'Aia dall'editore Levier nel 1719.[34].

Nell'opera si afferma che Dio non esiste, gli uomini hanno creduto in Lui per il loro timore superstizioso e perché così fanno credere loro i potenti che si servono della religione come instrumentum regni; l'uomo si differenzia dagli animali solo per l'uso della parola e la stessa anima si riduce a parola. Ogni comportamento dell'uomo mira al piacere e perciò l'unica regola dei rapporti sociali è quella che impone di non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.[35]

Il De tribus impostoribus finalmente pubblicava quello che nessuno aveva avuto modo di leggere perché probabilmente mai scritto:

«[...] E fu con gli apporti dei libertini eruditi, di Hobbes e soprattutto di Spinoza che venne lievitando l’idea centrale di quel libro: che intanto, detestato e ricercato, dichiarato esistente senza essere visto, restava come avvolto nell’alone di quella che era la sua materia: l’impostura. Quando prese corpo in stampe e non in una ma in più versioni, una in latino e una in francese, fu per opera delle correnti dell’Illuminismo radicale, decise a voltar pagina rispetto a una cultura elitaria che non riteneva il popolo capace di tollerare la verità.[36][37]»

Oltre che da Pierre Bayle, dall'empirismo, dall'illuminismo e dalla riscoperta delle antiche filosofie dell'atomismo e dell'edonismo greco già presente nel Rinascimento, è stato sottolineato che il punto di vista libertino più radicale, fautore di una versione "immorale" della doppia verità, nonché il libertinismo sessuale britannico che fiorirà poi nel Settecento con il romanzo libertino di personaggi come de Sade o filosofi come Diderot, è stato fortemente influenzato dalla filosofia semi-materialista di Thomas Hobbes[38], che fiorì durante la Restaurazione inglese, in una versione estremizzata. John Dryden ad esempio ha attinto molte idee hobbesiane nelle proprie tragedie[39], con personaggi che si ribellano contro la grettezza e l'ipocrisia in agguato dietro la facciata di onestà puritana e gli standard della morale borghese. Allo stesso modo discepolo ideale, ma nichilista, e più pessimista del "maestro", fu John Wilmot, conte di Rochester.

L'eredità del libertinismo[modifica | modifica wikitesto]

Il Tartufo (Tartuffe)

La filosofia libertina con il suo carattere volutamente antisistematico rimane difficile da definire nei suoi contorni precisi. Essa è piuttosto una dottrina che mira negativamente a distruggere le false convinzioni umane sulla metafisica, sulla pretesa assolutezza delle scienze mettendo in evidenza la precarietà delle opinioni umane relative e transitorie.

I libertini si rifacevano ai grandi pensatori del passato e del Rinascimento, pur ritenendosi svincolati dall'eredità della tradizione filosofica; il loro stesso antiaristotelismo era diretto non tanto alla filosofia aristotelica quanto a metterne in discussione la concezione della scienza che ancora dominava nel '600.

Al libertinismo va riportata la definitiva crisi della filosofia scolastica e il diffondersi dell'indifferenza religiosa nei confronti della autorità della gerarchia ecclesiastica bersagliata spesso dalla satira di letterati e commediografi come quella dell'intimo amico di Gassendi il libertino Molière l'autore de Il Tartufo, un'opera che riunisce in sé una satira corrosiva contro i gesuiti, i giansenisti e i preti che si atteggiano a mistici[40]

La taverna, opera dalla serie pittorica La carriera del libertino, di William Hogarth (1732-1735)

Dalla loro critica agli aspetti più contrari al senso comune della filosofia cartesiana, ne consegue una sintesi fra il pensiero di Cartesio e quello di Gassendi, che dava così una certa dignità filosofica al libertinismo erudito.

Il libertinismo fu sempre un atteggiamento di pensiero e mai una dottrina filosofica strutturata, al punto che si ebbero anche libertini deisti o cristiani: addirittura, durante le guerre di religione le varie confessioni fecero uso di argomenti tipicamente libertini, accusandosi a vicenda di essere frutto dell'opera di impostori[41]. Ciononostante fu abbastanza forte da salvare lo spirito scettico e laico del '500 fino agli esiti del libero pensiero illuminista, proteggendolo dall'ondata repressiva della Controriforma e tramandandolo alla futura libertà di pensiero.[42]

L'eredità del libertinismo oggi più che coglierla in polemici liberi pensatori la si può ritrovare ogniqualvolta la Chiesa interviene negli aspetti secolari dell'uomo e nelle istituzioni sociali facendo così riaffiorare ondate di anticlericalismo.

Per quanto riguarda l'aspetto più noto del libertinismo, quello della morale sessuale oggi, almeno in Occidente, nessuno che voglia usufruire della propria libertà sessuale ritiene di dover giustificare filosoficamente le sue tendenze.

L'importanza dell'eredità libertina è da vedere piuttosto nella separazione della fede dal dibattito scientifico e dalle argomentazioni razionali. In questo senso i libertini rinnovarono di fronte all'attacco della Controriforma le esigenze di separazione tra fede e ragione che si possono far risalire all'alto medio evo quando con Occam si affermò la soluzione del problema dell'intellectus fidei (comprensione razionale della fede) con la separazione di filosofia e teologia, di scienza e fede.[43]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ G. Calvino, Contro la setta fantastica dei libertini spirituali (1545) in G. Calvino, Opere scelte. Vol. 2: Contro i nicodemiti, gli anabattisti e i libertini., a cura di L. Ronchi De Michelis, Editore Claudiana, 2006.
  2. ^ «Molto più tardi si chiamarono libertini coloro i quali pretendevano di aver liberato i propri pensieri. Presto quel bel titolo venne riservato a coloro che non conoscevano catene nell'ordine dei costumi. Più tardi ancora, la libertà divenne un ideale, un mito, un fermento...» (Paul Valéry, Fluctuations sur la liberté, in Regards sur le monde actuel, in Oeuvres, Gallimard (Coll. «Pléiade»), Paris 1960, t. II, pp. 960-961).
  3. ^ La leggenda attribuiva a questa fase la composizione d'un trattato De tribus impostoribus (Trattato dei tre impostori), risalente al XIII secolo, di cui non ci è però giunta alcuna copia e la cui effettiva esistenza è pertanto dubbia. Il titolo sarebbe stato poi ripreso in un nuovo trattato attorno al 1688.
  4. ^ Valeria Sorge (a cura di), Biagio Pelacani, Quaestiones de anima: alle origini del libertinismo, Morano, Napoli 1995.
  5. ^ Enciclopedia Treccani alla voce corrispondente ed Enciclopedia Garzanti di filosofia alla voce "libertini".
  6. ^ Libertinismo, su unior.it, Università di Napoli "L'Orientale". URL consultato il 30 gennaio 2017.
  7. ^ Questo legame è stato riconosciuto nel 2009 dalla critica di papa Benedetto XVI al pensiero contemporaneo, con la dichiarazione: «Illuminismo e ateismo portano al libertinismo», cfr. Citazione di Benedetto XVI, su uaar.it, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, 21 febbraio 2009. URL consultato il 30 gennaio 2017.
  8. ^ M. Onfray, L'età dei libertini - Controstoria della filosofia III.
  9. ^ Ma c'è chi avanza l'ipotesi che già i libertini spirituali combattuti da Calvino si auto-designassero 'libertini' (in Didier Foucault, Histoire du libertinage des goliards au marquis de Sade, Perrin, Paris, pp. 209-217)
  10. ^ Lettera alla moglie del 20 febbraio 1791.
  11. ^ Libertino, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 30 gennaio 2017.
  12. ^ Dizionario Etimologico online, su etimo.it. URL consultato il 30 gennaio 2017.
  13. ^ Julien Offray de La Mettrie, Denis Diderot, L'arte di godere. Testi dei filosofi libertini del XVIII secolo. Scelta, traduzione e commento a cura di Paolo Quintili. Manifestolibri. 2006 p.7
  14. ^ Fritz Mauthner, L'ateismo e la sua storia in Occidente, Volume 1, Nessun Dogma, 2012 p. 314.
  15. ^ Luca Addante, Eretici e libertini nel Cinquecento italiano,Laterza, 2010
  16. ^ Luca Addante, "Radicalismes politiques et religieux. Les libertins italiens au XVIe siècle", in: Thomas Berns & Anne Staquet & Monique Weis (curr.), Libertin! Usage d'une invective au XVIe et XVII siècles, Garnier, Paris 2013, pp. 29-50.
  17. ^ « [...] Era inoltre in contatto con la "setta dei libertini", con Quintin e Pocquet che risultano accolti e protetti dalla regina nel 1546.» In Luciano Chiappini,L'Aquila bianca: studi di storia estense, Corbo Editore, 2000 p.320
  18. ^ Fritz Mauthner, L'ateismo e la sua storia in Occidente, Volume 1, ed. Nessun Dogma, 2012 p.636
  19. ^ G. De Ruggiero, Storia della filosofia, parte III: Rinascimento, Riforma e Controriforma, Bari 1967
  20. ^ Joseph Hall, Un mondo diverso e identico (1605), Guida Editori, 1985 p. 243
  21. ^ Théophile de Viau (1590-1626)
  22. ^ Enciclopedia Treccani alla voce "Libertino"
  23. ^ «esto peccator, et pecca fortiter, sed fortius fide et gaude in Christo qui victor est peccati, mortis et mundi [...] ora fortiter; es enim fortissìmus peccator» (Lutero, Lettera a Melantone del 1º agosto 1521
  24. ^ M. Rosa, Regalità e "douceur" nell'Europa del '700: la contrastata devozione al S.Cuore, a cura di F.Trainello, pp.70-71
  25. ^ Romano Ruggiero, Enciclopedia, Volume 8, Einaudi 1979, p.248
  26. ^ Foucault Didier, Storia del libertinaggio e dei libertini, Salerno editore, 2009
  27. ^ Claude de Chouvigny, baron de Blot-l'Eglise (1605?-1655)
  28. ^ Sergio Zoli, Dall'Europa libertina all'Europa illuminista: stato laico e "oriente" libertino nella politica e nella cultura dell'età dell'assolutismo e della Ragion di Stato da Richelieu al secolo dei lumi: alle origini del laicismo e dell'illuminismo, ed. Nardini, 1997
  29. ^ Anche in Italia ci fu una grande diffusione di scritti e associazioni libertine. Famoso scrittore e filosofo libertino italiano fu Giulio Cesare Vanini, che afferma la necessità di seguire solamente le leggi di natura. A Venezia fu fondata da Giovan Francesco Loredan l'Accademia degli Incogniti di cui facevano parte Cesare Cremonini e Ferrante Pallavicino (In G. Spini, Alcuni appunti sui libertini italiani in AA. VV. Il libertinismo in Europa a cura di S. Bertelli, Milano-Napoli, Ricciardi 1980 pp.117-124)
  30. ^ Enciclopedia Treccani alla voce corrispondente in Dizionario di Storia (2007)
  31. ^ Sapere,it alla voce "Pierre Gassendi"
  32. ^ P. Innocenti, Epicureismo e "libertinage" in Pierre gassendi, in AA.VV., Il libertinismo in Europa, Milano-Napoli 1980, pp.209-227
  33. ^ G. Minois, Storia dell'ateismo, p.79)
  34. ^ Silvia Berti, Trattato dei tre impostori, Einaudi, 1994
  35. ^ Ateismo ed Illuminismo, su geocities.ws.
  36. ^ Adriano Prosperi (la Repubblica, 30.01.2010)
  37. ^ Secondo Georges Minois (in Il libro maledetto. La storia straordinaria del Trattato dei tre profeti impostori, Rizzoli, traduzione di Sara Arena) il trattato quando fu pubblicato aveva perso la sua forza dirompente in un clima culturale già profondamente convinto «che il popolo non è così incapace di fare uso della ragione come si cerca di fargli credere».
  38. ^ Harold Weber, The Restoration Rake-Hero, pp. 52, 91–97. Warren Chernaik, Sexual Freedom in Restoration Literature (Cambridge, 1995), pp. 22–51.
  39. ^ Samuel I. Mintz, The Hunting of Leviathan: Seventeenth-Century Reactions to the Materialism and Moral Philosophy of Thomas Hobbes (Cambridge, 1962); Louis Teeter, "The Dramatic Uses of Hobbes' Political Ideas," ELH, 3 (1936), pp. 140–69.
  40. ^ Nicola Chiaromonte, La situazione drammatica, Bompiani, Milano 1960 p.21
  41. ^ Giorgio Spini, Ritratto del protestante come libertino (in: Tullio Gregory et all., Ricerche su letteratura libertina e letteratura clandestina nel Seicento, La Nuova Italia, Firenze 1981, pp. 177-188).
  42. ^ Giorgio Spini, Ricerca dei libertini. La teoria dell'impostura delle religioni nel Seicento italiano., Firenze 1983
  43. ^ Michel Onfray, L'età dei libertini. Controstoria della filosofia, Fazi editore, 2009

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Una bibliografia sistematica a cura di Jean-Pierre Cavaillé (Libertinage, athéisme, irréligion. Essais et bibliographie), è disponibile in due sezioni: prima e seconda. Quella che segue è solo una scelta essenziale.

Libertinismo spirituale[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Calvino, Contro nicodemiti, anabattisti e libertini (1545).
  • Fritz Mauthner, L'ateismo e la sua storia in Occidente, Volume 1, ed. Nessun Dogma, 2012 p. 636.
  • Luca Addante, Eretici e libertini nel Cinquecento italiano, Laterza, Bari 2010.
  • Luca Addante, Radicalismes politiques et religieux. Les libertins italiens au XVIe siècle, in: Thomas Berns & Anne Staquet & Monique Weis (curr.), Libertin! Usages d'une invective au XVIe et XVIIe siècles, Garnier, Paris 2013, pp. 29–50.

Libertinismo filosofico[modifica | modifica wikitesto]

In ordine cronologico
  • René Pintard, Le libertinage érudit dans la première moitié du XVII siècle, Paris 1943. Reprint: Slatkine, Genève et Paris 1983.
  • Giorgio Spini, Ricerca dei libertini, La nuova Italia, Firenze 1950 e 1983 (seconda edizione accresciuta e rivista).
  • Carlo Ginzburg, Il nicodemismo. Simulazione e dissimulazione religiosa nell'Europa del Cinquecento, Einaudi, Torino 1970.
  • Michele Rak, La parte istorica: storia della filosofia e libertinismo erudito: documenti per una ricerca sulla struttura del genere storia della filosofia nella cultura europea dell'eta libertina, con alcune lezioni storico-politiche di Giuseppe Valletta, Guida, Napoli 1971.
  • Ugo Bonanate, Charles Blount: libertinismo e deismo nel Seicento inglese, La Nuova Italia, Firenze 1972.
  • Gerhard Schneider, Il libertino. Per una storia sociale della cultura borghese nel XVI e XVII secolo, Il Mulino, Bologna 1974.
  • Alessandro Dini, La teoria predamitica e il libertinismo di La Peyrère (1594-1676), "Annali dell'Istituto di Filosofia", I 1979, pp. 165–235.
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  • Andrea Spiriti (a cura di), Libertinismo erudito: cultura lombarda tra Cinque e Seicento, F. Angeli, Milano 2011.
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Libertinaggio sessuale[modifica | modifica wikitesto]

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  • Patrick Wald Lasowski, Le Grand Dérèglement. Le roman libertin, Gallimard, Paris 2008.
  • Jole Morgante, Libertinismo e libertinaggio nel romanzo del XVIII secolo, CUEM, Milano 1997.
  • Julien Offray de La Mettrie, Denis Diderot, L'arte di godere. Testi dei filosofi libertini del XVIII secolo. Scelta, traduzione e commento a cura di Paolo Quintili, Manifestolibri, Roma 2006.
  • Claude Reichler, L'Âge libertin, Editions de Minuit, Paris 1987.

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